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Articoli Lo Specchio, Articoli Recenti, Attualità: come va il mondo, Diversità e disabilità, Razzismo

Scappare sempre dagli stessi proiettili

Violenza sulle donne: ne sentiamo parlare spesso al telegiornale o lo leggiamo scritto su una rivista. Sappiamo più o meno tutti di cosa si tratta, ma riusciamo veramente a comprenderne la gravità? Anche solo nei singoli termini.
Prendiamo la parola violenza, analizziamola meglio.
Innanzi tutto potrei parlare per ore solo di essa, ma cercherò di essere breve. Per violenza si intende un atto volontario, esercitato da un soggetto su un altro, in modo da farlo agire contro la sua volontà. L’abuso della forza può essere non solo fisico, ma anche verbale e psicologico. Questo però è quello che ci dice internet. E noi siamo in grado di dare una nostra considerazione riguardo la violenza? Di rintracciarla nella vita di tutti i giorni? Io penso proprio di si. Anche andando a parlare di donne. Milioni di donne subiscono violenze domestiche, sessuali, psicologiche, verbali, vengono perseguitate, aggredite, picchiate, sfregiate. E questo perché, perché sono donne?, Solo perché vengono considerate deboli e impotenti agli occhi di alcuni uomini? Beh, questa per me è una spiegazione assurda.
Un uomo non può permettersi di toccare una donna, a meno che non sia lei a volerlo.
Molti dicono di amare la propria donna, poi prendi il telecomando, premi il tasto rosso e accendi la televisione. Ed è proprio in quel momento che senti la deposizione di quello stesso uomo che dice di averla uccisa, non ci interessa esattamente in che modo, ma lui l’ha uccisa. Le ha tolto la vita. E lui, lì seduto su una sedia davanti a dei poliziotti, racconta di come ha approfittato di lei, senza rimpianti, specificando ogni particolare perché ormai era tutto finito, eppure lui è ancora vivo che godeva ancora della gioia che è la vita, sebbene in carcere, ma comunque avrebbe potuto ancora vivere. Quella donna invece no. Per lei era tutto finito. Questo è il femminicidio.
Secondo i dati Istat circa 7 milioni di donne ogni giorno milioni vengono uccise e subiscono violenze. C’è però un’ulteriore problema. La maggior parte di loro non denuncia le violenze che subisce. Questo è assolutamente sbagliato. Non si può rimanere con una persona che ti picchia perché magari torna a casa ubriaco e tu non dici nulla perché lo ami. Questo non è amore, l’amore è qualcosa di completamente diverso da questo. Ma sia per un uomo che per una donna. E il frutto dell’amore non è mai la violenza. Forse è frutto della possessione, dell’ossessione, di qualcosa di molto lontano dall’amore, comunque. Perciò bisogna insegnare agli uomini a comportarsi in un certo modo, ma bisogna anche far capire alle donne che restare intrappolate in situazioni del genere può creare traumi dolorosissimi e che devono parlare e denunciare, pure se fa male. Il silenzio. Grande parola. A volte ci salva, ma in contesti come questi bisogna romperlo senza troppi ripensamenti. Le ragazze non possono, anzi meglio dire “non dovrebbero” avere paura di uscire di casa con una minigonna, oppure essere obbligate a portare con sé uno spray al peperoncino per uscire più tranquille la sera, anche nella loro piccola e tranquilla città. La società di oggi ci dice che siamo noi ragazze a non dover vestirci in un certo modo per non provocare l’uomo, invece di dire che l’uomo deve imparare a controllarsi. Tutto ciò deve cambiare. Non si può andare avanti così. Esiste la giornata dedicata alla violenza sulle donne, esiste la giornata delle donne. Non basta più onorare le donne vittime di violenze solo in questi giorni, deve essere una cosa normale, deve diventare quotidianità.

Oltre alle varie manifestazioni che già ci sono in giro per il mondo, ognuno di noi potrebbe organizzare qualcosa di bello contro la violenza sulle donne. Per sensibilizzare chi è accanto a noi. A me piacerebbe manifestare nel mio paese, con tutte le donne, le ragazze e le bambine vestite di rosso, portando dei cartelloni con frasi pensate da noi e poi alla fine del percorso segnato ci saranno ad aspettare uomini, ragazzi e bambini con regali per ognuna di noi. Sembrerà la solita protesta contro la violenza sulle donne, ma questa volta ci sarebbe la partecipazione anche degli uomini in segno di cambiamento. Spero vivamente che succeda, spero che le ragazze possano uscire tranquille, spero che le donne non siano mai più violentate, nel corpo e nell’anima. Spero che riusciamo davvero ad imparare qualcosa dai nostri errori sennò ci ritroveremo sempre a dover scappare dagli stessi proiettili. Spero.

Articolo di Arianna Gasbarro, 3C

Articoli Recenti, Confini Immaginari, Contaminazioni, Frontiere e confini

Laghi salati: la bellezza dei confini instabili

Studiando alcuni Paesi Europei mi sono lasciata affascinare da posti come il Mar Caspio. Lago o mare? Questo essere un elemento a metà mi ha intrigato sin dalla prima volta che ne ho sentito parlare. Mi ha fatto pensare ai confini che non esistono, non esistono suddivisioni nette nel mondo. La prof. poi ci ha detto che non era l’unico caso al mondo, e ci ha raccontato di laghi incredibili dalle acque rosse o di depressioni con una salinità altissima in cui affondare è impossibile, si può solo galleggiare. Non vi svelo di più. Vi dico solo che, incuriosita, ho fatto una ricerca e ho scoperto che mi innamoro ogni giorno di più del pianeta in cui vivo. Questo è il mio lavoro. Buona lettura.

Angelica Di Rienzo, II B

Articoli Recenti, Confini Immaginari

Gli Stadi di Euro 2020

Stadio Olimpico, Roma

Abbiamo studiato l’Europa quest’anno in Geografia e l’abbiamo analizzata sotto diversi punti di vista, dalla morfologia del territorio all’economia, passando per le tradizioni e il cibo. Io ho voluto seguire la mia passione per il calcio e quindi vi porto in giro per l’Europa attraverso gli Stadi di Euro 2020.

Buona lettura e buon viaggio.

Andrea Silvestro, II C

Articoli Recenti, Parole

La poesia è ovunque

La poesia è ovunque, in quello che vediamo palesemente, ma il sentore è che la poesia sia davvero in ogni piega delle nostre giornate, oltre che in quelle dei nostri libri. La poesia è in un fiore che sboccia, nel sole e nella luna che si alternano e non si stancano di farlo, in due bocche che si avvicinano o in due mani che si stringono. Sì, passerà il coronavirus e ci daremo la mano di nuovo tranquilli e ci abbracceremo forte. E poi, in fondo, anche in questo periodo c’è stata poesia: nella natura che si è rinvigorita, nelle riflessioni che ognuno di noi ha avuto modo di compiere nelle proprie case e nella riscoperta di valori speciali. Ma non ci aspettavamo che la poesia potesse stare pure dentro la prosa.

Come lo abbiamo scoperto? Col metodo Caviardage. E l’abbiamo creata noi. Ci siamo divertiti tantissimo a scovare le parole giuste e a mescolarle, a creare poesia sulla carta e colorarci un senso intorno. Nel video, alcuni dei nostri lavori. Se siete alunni come noi vi potrete cimentare in questo momento storico così particolare a creare le vostre piccole opere d’arte, da appendere o da regalare anche come se fossero dei quadri.
Insomma, un modo creativo di passare il tempo in casa utilizzando colori e poesia. Buona visione.

Classe IIC

Articoli Recenti, Attualità: come va il mondo, La linea sottile tra presente e futuro, Parole

(al)la ricerca della felicità

“A proposito di felicità…cercatela tutti i giorni continuamente, anzi chiunque mi ascolti ora si metta in cerca della felicità, ora, in questo momento, perché è lì! Ce l’avete, ce l’abbiamo! Guardate in tutti i ripostigli, gli scaffali, gli scomparti della vostra anima, buttate tutto all’aria, i cassetti, i comodini che avete dentro, vedrete che esce fuori”. Queste sono le parole di Benigni, che ci ricorda che, anche in un momento difficile come questo, la felicità non è assenza di problemi, non è solo ricchezza e fortuna, non si identifica nei beni materiali ma in quelli interiori e, come diceva Socrate, “la felicità è da cercare dentro di noi”. E dunque, dove si trova la felicità? Perché a volte è difficile da scovare? La felicità si trova in un sorriso, in un abbraccio, in un viaggio, in una giornata passata in compagnia della tua migliore amica, nella famiglia, in un amore, in un cielo stellato, nel ricevere un complimento, nei piccoli gesti quotidiani.

Ma soprattutto io credo di aver capito una cosa importante: si è felici quando si dona, quando ci si dona. Quando me lo dicevano non ci credevo, ho dovuto sperimentarlo su di me. Ed è tutto vero! Donare è più bello che ricevere, perché dai felicità a qualcuno e quindi, come in uno specchio, quella felicità ti torna indietro di riflesso, ma più grande, più intensa, più profonda. E si è felici quando si ama, si comprendono le ragioni di qualcun altro, quando si impara a tollerare e si agisce coscientemente. Oggi, purtroppo, sembra che molti hanno dimenticato i valori che dovrebbero invece aiutare a vivere. Si agisce spinti dai bisogni materiali. Chissà come si può invertire questa rotta, sarebbe così bello. Gli Illuministi hanno fatto del diritto degli uomini a essere felici uno dei punti chiave del loro movimento. E le loro idee sono servite per Rivoluzioni incredibili, come quella americana e quella francese. Perché non ne siamo più capaci?

La felicità, poi, è anche un qualcosa che è dobbiamo essere capaci di cogliere nel presente, e insieme nel passato e nel futuro: è un concetto che si scopre e riscopre col tempo e che non si limita semplicemente al sorriso o al buon umore, dato che secondo me, anche le esperienze negative fanno parte in qualche modo di questo concetto di felicità: pur essendo cose tristi sul momento, col passare del tempo si trasformeranno in eventi da ricordare e da raccontare. E da cui imparare. E migliorare. E crescere.

Ma la cosa importante è saper godere della felicità ogni giorno, riconoscerla in mezzo alle mille cose delle nostre giornate, perché c’è il rischio che qualcuno la scambi per la mitica pentola d’oro degli gnomi alla fine dell’ arcobaleno: ci sono persone che passano la vita a cercare di trovarla per poi accorgersi, ormai troppo tardi, che la vita è passata.

Arianna Gasbarro, classe IIC

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La geografia è ovunque

Un pomeriggio, uno dei lunghi pomeriggi delle giornate di quarantena, abbiamo deciso che la geografia sarebbe stato il nostro antidoto alla noia e alla tristezza.
Ci siamo divertiti a diventare esploratori in casa nostra, non potendo uscire, e abbiamo viaggiato stando fermi, spulciando con più attenzione i posti della quotidianità e scoprendo che la geografia è ovunque. Come? Semplice, abbiamo lavorato con la fantasia, soprattutto, mescolata però a qualcosa di molto reale.
E quindi abbiamo messo il naso nelle nostre dispense, per scoprire la provenienza degli alimenti che ogni giorno mettiamo sulle nostre tavole, o quella dei vestiti nei nostri armadi. Ma ancora, abbiamo viaggiato attraverso gli oggetti, che magari sono ricordi di viaggi o vacanze, oppure mappato i movimenti del nostro gatto dentro casa.

Dunque, ci siamo divertiti e insieme abbiamo capito che la geografia è la base della nostra realtà e che è fatta di spazi piccolissimi eppure sconfinati, e che si può essere buoni esploratori anche stando in casa, se sappiamo affinare la nostra capacità di osservazione.

Qui di seguito, alcuni dei nostri lavori.

Articoli Recenti, Attualità: come va il mondo, I lettori ci scrivono

Diari dalla Quarantena

Caro diario,

Oggi ti scrivo dal silenzio della mia camera, un silenzio ancora più inquietante perché è lo stesso che risuona anche nelle strade del mio paesello, dove ora a farmi compagnia ci sono solo il chicchirichì stridente del gallo e il mio cane che abbaia annoiato quanto me. Cosa sta succedendo? Questa è la domanda che mi faccio più di frequente durante le giornate che trascorrono lente e sempre uguali ormai. Non si va a scuola, non si esce con gli amici, non si va più tutti assieme al supermercato, come facevo di solito con la mia famiglia; i miei genitori non stanno andando più al lavoro, non si va dalla nonna, non si prende la bici e i pochi che vanno in giro usano mascherine. Cosa sta succedendo? Tutto o quasi si è fermato, abbiamo dovuto cambiare, anzi stravolgere le nostre abitudini ed uniformarci a comportamenti che non ci appartengono. Un nemico invisibile quanto forte ci sta attaccando. Questo nemico ha un nome, che sembra quello di un essere alieno venuto direttamente da Marte, lo chiamano Covid 19.

E, se è vero che i genitori sono in grado di riconoscere le paure dei figli, anche noi figli sappiamo leggere negli occhi dei nostri genitori. Mamma e papà continuano a rassicurare me e mia sorella dicendo che bisogna avere pazienza e che tutto andrà bene ma, caro diario, leggo nei loro occhi molta preoccupazione. All’inizio mi sembrava tutto così distante; ora, invece tutto è troppo vicino. Le mie emozioni sono un misto tra paura, noia, preoccupazione, ansia e la domanda principale è: quando tornerà la normalità dei giorni passati? A volte poi mi ritrovo a pensare che forse tutto questo lo abbiamo generato noi. L’umanità con la sua sete insaziabile di potere, di progresso, ha creato questo mostro, forse è un messaggio che la terra ci sta mandando; questo pianeta che abbiamo sfruttato senza pensare alle conseguenze forse ci sta parlando! Da questo “brutto” periodo di quarantena però voglio cogliere anche qualche aspetto positivo….finalmente abbiamo più tempo per parlare tra di noi in famiglia, abbiamo quel tempo che, nella frenesia della quotidianità “normale”, quella prima del virus, insomma, non riuscivamo a trovare: abbiamo tempo per una partita a carte tutti assieme attorno al tavolo della sala, per rispolverare quei vecchi giochi di società che da anni erano chiusi in soffitta, abbiamo tempo per sfogliare gli album delle foto e commentarli. Insomma, abbiamo tempo per riscoprire le cose semplici, ma che trasmettono il calore della famiglia.    

Però la verità è che vorrei solo addormentarmi ed aprire gli occhi domani mattina, sentendo la voce di mamma che mi urla che devo fare in fretta, altrimenti perderò il pullman, uscire di casa con il mio zaino in spalla per entrare nella mia classe e rivedere i miei compagni e i miei professori. Vorrei tanto tornare a quella normalità che mi manca molto! Davvero moltissimo. Spero che tutto questo finisca presto e che possa tramutarsi solo in un brutto ricordo da poter raccontare magari, un giorno, ai miei figli o ai miei nipoti, proprio come il mio bisnonno ha fatto con me con i suoi ricordi di guerra.

Buonanotte, caro diario,

Jacopo

Articolo di Di Franco Jacopo, classe 3A

                                                                                          

Articoli Recenti, Attualità: come va il mondo, Confini Immaginari, Frontiere e confini, Robotica: un ponte verso il futuro, Tecnologia

La robotica, la pandemia e l’intelligenza emotiva

La robotica può essere immaginata soltanto come un settore industriale e lavorativo, cosa vera senza dubbio. Ma la verità è che nasce come una vera e propria passione o anche come un modo per liberare la testa dai propri pensieri. La robotica – in piccolo ovviamente – è studiata e praticata, infatti, anche in alcune scuole, ad esempio nell’ istituto di Manutenzione Assistenza Tecnica (MAT), ex scuola “professionale”; o anche in scuole medie ed elementari per svago, proprio per questo suo aspetto accattivante e appassionante.

Quando si parla di robotica non si parla solo del “robot” simile all’uomo che si vede spesso nei film, ma esistono svariati prototipi molto più semplici o molto più complessi, come ad esempio quelli usati a Wuhan per fronteggiare quest’ultima pandemia: infatti i prototipi usati nella grande città cinese facevano sì che i pazienti in quarantena usufruissero di beni primari senza entrare in contatto con altre persone e correre il rischio di contagiarle. E ancora, oltre a questi ultimi, molti prototipi vengono usati in grandi aziende come Amazon, o nelle grandi catene di montaggio come quelle della Ford, Fiat, etc.

Ma dobbiamo fare una differenziazione:

° Machine Planning: ossia robot a cui viene assegnato un compito da svolgere e che deve portare a termine senza pensare o reagire minimamente a quello che ha intorno; come quelli usati nelle catene di montaggio.

° Machine Learning: ossia robot capaci di ascoltare ed imparare, o imparare man mano che “vivono” ; come ad esempio quelli della Amazon ai quali arriva un ordine, loro lo ricevono, si avvicinano allo scaffale desiderato per l’ordine, prendono il prodotto e lo portano direttamente all’ operatore che ha solo il compito di prendere l’ oggetto e imballarlo per poi spedirlo.

La robotica può dunque essere un grande aiuto, come si può intuire, al progresso e alla tecnologia, ma i robot possono essere anche pericolosi: durante uno studio fatto su un prototipo di macchina futura, per esempio, si è venuta a creare una situazione scomoda, ma plausibile nelle molteplici sfaccettature della realtà, per il robot al quale avevano ordinato di portare a termine il suo compito, ossia trasportare 6 persone a casa. Improvvisamente, 10 persone circa hanno attraversato la strada che lui stava percorrendo. Senza fare calcoli o pensare, il robot avrebbe investito le persone che attraversavano e pur di riportare le 6 persone a casa e terminare il compito assegnato. O ancora, durante un altro episodio è successo questo: c’è stato un incontro di scacchi tra il campione mondiale Garry Kasparov e la più grande macchina mai progettata per giocare a scacchi. Nell incontro Kasparov perse perché la macchina formulava centinaia di possibilità al secondo, cosa che all’uomo non potrà mai riuscire. Kasparov, però, volle la rivincita battendo questa volta la macchina che anche se formulava centinaia di possibilità al secondo, perché l’uomo ha, e avrà sempre, per fortuna, quel lampo di genio improvviso, quel guizzo di intelligenza che può portarlo alla vittoria.

Vi ho raccontato questi due episodi per farvi riflettere sul fatto che l’uomo ha un cuore ed un intelligenza di tipo emotivo, quella che conta poi veramente, che un robot non potrà mai avere. Del resto i robot, anche essendo geniali, sono pur sempre opera umana.

Esempio di Machine Learningb
https://youtu.be/JXkMevbjga4

Esempio di Machine Planning
https://youtu.be/VreG1iC65Lc

Articolo di Mattia Di Stadio

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Il 25 aprile è primavera

Il 25 aprile è una festa, il 25 aprile è una primavera: ci ricorda quello che è successo 75 anni fa e che mai dovremmo (e dovremo) dimenticare, ci ricorda i valori fondanti della Repubblica Italiana, che è democratica e antifascista. Ci ricorda che i Partigiani e gli Alleati hanno liberato la nostra penisola dalle stragi e dai soprusi fascisti, dalla guerra e dalla dittatura, dalle macerie fisiche e morali che queste portano.

L’Italia nasce dalla Resistenza, è quello che è oggi grazie a quel momento storico. Come si può non aprire un libro di storia e andare a vedere che cosa è successo, per capire? E come si può, una volta studiato, non festeggiare questa giornata? La Resistenza è patrimonio del popolo italiano, di chi ama la libertà e di chi ama la verità. Non è destra e sinistra, è la differenza tra giusto e sbagliato.

La liberazione del Paese ebbe un costo elevato di vittime militari e civili, quantificabili in oltre 200.000 morti italiani. Morti per la libertà. Su questo dovremmo veramente riflettere, sulla libertà, sui valori che oggi diamo per scontati e che invece sono stati guadagnati con la lotta e con il sacrificio.

E per riflettere possiamo usare una testimonianza che mi ha molto colpito, dice così:


“siamo i vostri fratelli,
figli di queste colline.
Ci fu chiesta la vita,
avevamo poco di più ma la demmo lo stesso
perché voi poteste continuare a sperare
in un mondo più umano.
Non offriteci solo preghiere, ma la rabbia.
Una rabbia feroce
contro chiunque voglia mettere
di nuovo
l’uomo contro l’uomo!”

L’uomo contro l’uomo non ha mai portato a nulla di buono, la Storia lo dimostra. E allora buona festa, buona primavera di rinascita, oggi più che mai, con questo virus che non ci lascia in pace. Io vorrei davvero imparare dal passato, per un futuro più bello.

Articolo di Michele Altieri, IIA

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Imparare la lezione

Cara Prof., come sta?

Io sono molto triste… Nel momento in cui si è chiusa la scuola ero contento e pensavo che mi sarei divertito a giocare con tutti i miei amici. Non pensavo troppo al Coronavirus, anche se i telegiornali cominciavano a parlarne. Si è preso tutto, questo virus: mi ha tolto la libertà, mi ha tolto gli amici, mi ha tolto la scuola, mi ha tolto la tranquillità. Sta ammazzando tante persone e nessuno riesce a fermarlo.

Ho paura di lui perché adesso lo sento troppo vicino a me, non so se già sa che ha colpito anche un mio parente! Qui a casa non si capisce più niente, siamo tutti nervosi, i telefoni squillano di continuo. Questo mostro mi ha fatto piangere un’altra volta. Mi ha fatto rivivere il dolore di tutte le perdite che ho avuto qualche anno fa, mio nonno, i miei zii… Mamma e papà cercano di tranquillizzarmi ma, osservandoli bene, ho capito che la situazione non va bene per niente. Li ascolto di nascosto quando parlano al telefono e ho capito che il Coronavirus ha infettato tutti e due i suoi polmoni.

Mi sento piccolo e tanto solo, prof., e vorrei un suo abbraccio. Non voglio soffrire un’altra volta perché perdere una persona cara fa troppo male. Non voglio sentirmi un’altra volta vuoto, perché poi ci vuole troppo tempo per tornare a sorridere.

In questi giorni guardo molti video sul telefono ed uno mi ha colpito davvero molto. C’è il virus che parla con noi e ci dice che questa è una punizione per tutto il male che l’uomo ha fatto alla terra. È vero perché noi l’abbiamo distrutta. Con il prof. di scienze ho studiato gli ecosistemi e mentre ascoltavo la voce del virus mi sono venuti i brividi perché ha detto la verità. L’uomo ha distrutto i boschi, ha inquinato l’aria, le acque e non si è mai fermato a pensare al male che stavamo facendo alla natura. In questo video il virus ci dice che la terra si sta ribellando e ci sta togliendo tutto per farci riflettere su quanto l’uomo è egoista. Ha ragione. Speriamo di imparare la lezione, speriamo che torni tutto presto come prima, perché a me ha tolto tutto, questo maledetto. Mi mancano tutti i prof: è così brutto studiare a casa, senza vedere i miei amici, è brutto lavorare con un telefono e immaginare le vostre facce. Spero che questo incubo finisca presto e che tutti possano tornare alla normalità. Sarà difficile lo so, molte persone sono morte e questo non si può cambiare. Ma possiamo sicuramente fare qualcosa, quando una situazione non ci piace, come lei dice sempre: anche se non possiamo cambiare gli altri, possiamo migliorare noi stessi. Il momento giusto per farlo è arrivato.

Quanto mi manca, Prof. Le mando un abbraccio grandissimo mentre penso ai suoi sorrisi affettuosi.

Nicolas Cordisco