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Confini Immaginari

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Imparare la lezione

Cara Prof., come sta?

Io sono molto triste… Nel momento in cui si è chiusa la scuola ero contento e pensavo che mi sarei divertito a giocare con tutti i miei amici. Non pensavo troppo al Coronavirus, anche se i telegiornali cominciavano a parlarne. Si è preso tutto, questo virus: mi ha tolto la libertà, mi ha tolto gli amici, mi ha tolto la scuola, mi ha tolto la tranquillità. Sta ammazzando tante persone e nessuno riesce a fermarlo.

Ho paura di lui perché adesso lo sento troppo vicino a me, non so se già sa che ha colpito anche un mio parente! Qui a casa non si capisce più niente, siamo tutti nervosi, i telefoni squillano di continuo. Questo mostro mi ha fatto piangere un’altra volta. Mi ha fatto rivivere il dolore di tutte le perdite che ho avuto qualche anno fa, mio nonno, i miei zii… Mamma e papà cercano di tranquillizzarmi ma, osservandoli bene, ho capito che la situazione non va bene per niente. Li ascolto di nascosto quando parlano al telefono e ho capito che il Coronavirus ha infettato tutti e due i suoi polmoni.

Mi sento piccolo e tanto solo, prof., e vorrei un suo abbraccio. Non voglio soffrire un’altra volta perché perdere una persona cara fa troppo male. Non voglio sentirmi un’altra volta vuoto, perché poi ci vuole troppo tempo per tornare a sorridere.

In questi giorni guardo molti video sul telefono ed uno mi ha colpito davvero molto. C’è il virus che parla con noi e ci dice che questa è una punizione per tutto il male che l’uomo ha fatto alla terra. È vero perché noi l’abbiamo distrutta. Con il prof. di scienze ho studiato gli ecosistemi e mentre ascoltavo la voce del virus mi sono venuti i brividi perché ha detto la verità. L’uomo ha distrutto i boschi, ha inquinato l’aria, le acque e non si è mai fermato a pensare al male che stavamo facendo alla natura. In questo video il virus ci dice che la terra si sta ribellando e ci sta togliendo tutto per farci riflettere su quanto l’uomo è egoista. Ha ragione. Speriamo di imparare la lezione, speriamo che torni tutto presto come prima, perché a me ha tolto tutto, questo maledetto. Mi mancano tutti i prof: è così brutto studiare a casa, senza vedere i miei amici, è brutto lavorare con un telefono e immaginare le vostre facce. Spero che questo incubo finisca presto e che tutti possano tornare alla normalità. Sarà difficile lo so, molte persone sono morte e questo non si può cambiare. Ma possiamo sicuramente fare qualcosa, quando una situazione non ci piace, come lei dice sempre: anche se non possiamo cambiare gli altri, possiamo migliorare noi stessi. Il momento giusto per farlo è arrivato.

Quanto mi manca, Prof. Le mando un abbraccio grandissimo mentre penso ai suoi sorrisi affettuosi.

Nicolas Cordisco

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“È tempo di”, parte II: spunti di riflessione

Che strana cosa il tempo, a volte sembra scorrere lento, altre vola via in un lampo. Quand’è che per te il tempo vola? Ti sei mai chiesto perché? Parlane.

Per me il tempo passa velocemente quando faccio le cose che mi piacciono, infatti quando vado con papà e Rex all’orto e gioco con lui, o mi godo la bellezza della natura, o vado un po’ in bici o aiuto il mio papà arriva subito il momento di tornare a casa. Invece, ora che siamo costretti a rimanere a casa, il tempo sembra non passare mai. Le giornate sembrano non finire ed ogni giorno sembra uguale al giorno precedente. Quello che ci aiuta un po’ sono le videolezioni che stiamo facendo con i professori e le consegne dei compiti. A scuola, tutto era diverso e molto più bello, potevamo guardare negli occhi i prof, capire meglio le cose e divertirci di più, ma almeno comunque li possiamo vedere. È tutto un po’ strano: è strano non poter stare con i miei amici e chiacchierare con loro, anche di cose stupide e sciocche ma che ora sembrano così importanti; è strano non poter vedere i miei nonni; è strano non avere la “scusa” di andare a fare la spesa con la mia mamma. È strano e anche un po’ triste. Anche il tempo fuori sembra essersi fermato: sembra il periodo natalizio; mi affaccio e c’è la neve sulle montagne e fuori piove tanto, è scuro, ma è primavera! Il tempo forse passa più lentamente ora perché abbiamo corse affannate da fare: il tempo scorre velocemente proprio perché tra gli impegni vari si ha meno tempo per pensare. Ma non va bene evitare di pensare. Forse è questo il segreto: imparare a pensare. Pensiamoci, pensateci.

Mirko Colangelo, IIC

  • Quando penso al tempo mi vengono in mente queste espressioni: oggi, domani, ieri, l’anno scorso, l’anno prossimo, presto o tardi. Da qui capisco che il tempo è legato al passato, al presente e al futuro. Ma il tempo è soprattutto presente, è il momento attuale, è adesso. E mi piace che sia così, perché almeno posso in qualche modo agire su di esso, visto che tanto non lo posso fermare. Quello che so per certo, infatti, è che il tempo non si ferma, nessuno può bloccarlo. Se rifletto, però, io ci credo davvero che può essere un po’ controllato! Oggi, infatti, la tecnologia ha permesso ad ognuno di noi di risparmiarne un po’. Mia mamma, per esempio, lavora da casa senza andare in ufficio: non “spreca” più quei minuti che servono per arrivare sul posto di lavoro. Questo dimostra che un semplice collegamento tra computer le ha fatto guadagnare due ore da poter trascorrere a chiacchierare con me. Questo mi piace, mi fa pensare al tempo libero che è quello che mi attrae di più. Lo ritengo il più importante e forse il più utile perché ci permette di scoprire i nostri veri interessi. E capisco anche perché il tempo a volte scorre veramente lento e altre vola. Non passa mai quando mi annoio oppure quando sono triste o agitato o in attesa di una buona notizia. Nei momenti in cui sono felice, in cui sono preso da qualcosa d’interessante, invece, passa velocissimo. Eppure le ore hanno sempre gli stessi minuti, i minuti hanno sempre gli stessi secondi! Questa cosa mi ha sempre incuriosito e non ho mai trovato delle risposte. Ho 12 anni, forse le troverò più avanti. Forse non passa mai nei momenti in cui vivo quello che non voglio. A scuola, per esempio, le ore di alcune materie volano, altre meno, perché alcune le preferisco. In questo momento il mio tempo è stato fermato da un virus assassino che mi sta costringendo a restare chiuso in casa. Devo imparare ad apprezzare anche questo tempo, a controllarlo un po’ di più, come dicevo prima, provando a fare cose nuove, così da trasformare un tempo “fermo” in un tempo che crea e che regala. Perché il tempo non si può sprecare.

Nicolas Cordisco, IIC

Se aprissimo una qualsiasi enciclopedia e cercassimo la parola “tempo”, troveremo una delle solite e banali definizioni: “concetto di grandezza fondamentale che viene utilizzato per stabilire l’ordine di una serie di eventi”. Questo è ciò che direbbe un qualsiasi scienziato, ma in realtà stiamo parlando di qualcosa che è molto di più di una semplice nozione scientifica. Grande sfida è capire ciò che noi usiamo definire con il termine “tempo”. Per la nostra realtà nulla è più misterioso e sfuggente: il tempo ci appare come la forza più grande dell’universo, che ci accompagna dalla culla alla tomba. Sant’ Agostino nelle sue confessioni diceva: “se nessuno me lo chiede, so cos’è il tempo, ma se mi si chiede di spiegarlo non so cosa dire”. Il tempo si muove in una sola direzione e questa è una delle poche risposte che noi uomini siamo riusciti ad ottenere in questo campo. A volte il tempo scorre molto velocemente, proprio quando ne vorremmo di più; altre volte sembra che non passi mai, quando invece vorremmo che scorra velocemente. Ogni secondo è prezioso e dobbiamo imparare ad utilizzarlo al meglio per evitare di sprecare attimi irrecuperabili della nostra vita.

Arianna Gasbarro, II C

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È tempo (di quarantena)

Che strana cosa il tempo, a volte sembra scorrere lento, altre vola via in un lampo. Quand’è che per te il tempo vola? Ti sei mai chiesto perché? Parlane.

Il tempo è un flusso continuo di secondi, minuti e ore, esso non si può fermare. Il mio parere è che il tempo non c’è solo sul nostro pianeta, ma anche nello spazio e in altri universi cosmici. Noi nasciamo e moriamo in un tempo determinato ma il tempo forse non finisce mai. È un flusso, una fonte di infinito perfetto ed è così unico che, se lo osservi dal punto fisico è sempre uguale, ma dal punto di vista dei sentimenti è ben diverso.

Provo a spiegarmi meglio. Il tempo scorre lentamente quando nella mente ci si annoia o si ha paura: analizzando sono tutte esperienze negative. Il tempo passa in fretta, invece, quando non ci pensi, esempio: se stai ascoltando qualcuno che racconta una cosa interessante o se stai giocando con un amico e subito diventano le otto e te ne devi andare, come mai? Il tempo ti fa scherzi o sei tu che non dai attenzione ad esso?

Al giorno d’oggi, con la quarantena che questo assurdo virus ci impone, stiamo ripensando il tempo, stiamo riscoprendo il tempo lento, che non è sempre male: forse prima andavamo troppo di corsa? Dovremmo riflettere, io ancora non lo so. Mi viene in mente che ci sono state persone nella storia che hanno saputo sfruttare il tempo creando, scrivendo, suonando, progettando nuove architetture o nuove invenzioni, come Newton che, durante la sua quarantena volontaria nella Londa del ‘600, elaborò la teoria della relatività , come abbiamo letto a scuola.

Sarebbe bello se anche noi riuscissimo a sfruttare al meglio questo periodo difficile, riscoprendo non solo il dono di ogni giorno che ci è concesso, ma anche la bellezza di sentirsi vicini anche stando lontani.

Federico Curti, IIC

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Peters VS Mercatore: tutte le carte sono sbagliate?

Le reali dimensioni di alcuni Paesi

Le carte geografiche sono rappresentazioni grafiche di una porzione di territorio. Ma si possono anche chiamare rappresentazioni simboliche perché gli elementi del territorio non sono rappresentati in modo realistico, con le loro forme originali o reali, ma attraverso simboli e colori: ad esempio, nelle carte fisiche si usano i colori per capire l’altitudine del territorio, la profondità del mare etc, o ancora, per esempio in una carta politica, si utilizzano simboli diversi per identificare una capitale rispetto a una città più piccola. Questi elementi sono illustrati dalla leggenda, una specie di guida alle informazioni di quella carta, che ci fa capire cosa vogliono dire quei simboli e colori. Una volta letta la leggenda ci possiamo tuffare nel mondo delle carte geografiche, chè un mondo bellissimo.

Bisogna capire, però, che le mappe sono tutte quante diverse e, allo stesso tempo, tutte un po’ giuste e un po’ sbagliate.

Innanzitutto bisogna fare i conti con un dato importante: non si possono inserire tutti gli elementi sulla carta, quindi i cartografi fanno una selezione di quello che si deve o non si deve inserire nelle carte. In secondo luogo, bisogna tenere presente che la geografia va di pari passo con altre discipline, come le scienze e la storia e quindi si è perfezionata sempre di più, ma che, nel tempo, ha subito l’influenza di altri “saperi” o credenze. Per esempio molto spesso le carte che noi utilizziamo riproducono l’Europa o l’Italia al centro. Ma in Cina cosa avranno nel centro? La Cina o l’Europa? E ancora, nel passato, avete mai pensato che ogni popolo mettesse al centro della carta il proprio territorio?

Ancora un altro aspetto: nel Medioevo, ad esempio, alcune carte geografiche rappresentano Dio al di sopra della Terra, della mappa, come a far capire chi comanda. Oggi sarebbe impensabile. Eppure, le carte non sono del tutto vere nemmeno oggi. Perché, sebbene tentino di rappresentare nel miglior modo la superficie del globo, in realtà quella superficie è difficilmente riproducibile su una carta piana, visto che la terra è tonda e leggermente schiacciata ai poli. Dunque, ogni mappa attua una distorsione della reale superficie terrestre. La distorsione cambia le proporzioni dei continenti, per esempio.

Vediamo meglio: la proiezione di Mercatore, per esempio, è una proiezione cartografica “conforme e cilindrica”. Questo significa che la proiezione nasce dall’idea che possiamo distendere, srotolare, un cilindro sul quale abbiamo proiettato la terra fino ad ottenere un rettangolo. La proiezione quindi non riesce a coprire pienamente le aree prossime ai Poli e questo vuol dire che tutte le terre più vicine ai poli sono rappresentate in modo più esteso di quanto siano davvero e, siccome la maggior parte di queste zone sta sull’emisfero boreale, Europa, USA, Canada, Scandinavia, Siberia e soprattutto Groenlandia, risultano più grandi di altre terre. In pratica, all’altitudine maggiore di 70° a Nord o a Sud, la proiezione di Mercatore è praticamente inutilizzabile. Questa proprietà, però, la rende facilmente utilizzabile ai navigatori, dato che ci vuole pochissimo per riportare delle direzioni da punto a punto, grazie agli angoli generati da meridiani e paralleli che sono preservati, perché si intersecano ad angolo retto. Questa proiezione, disegnata nel 1569, è diventata la più conosciuta e usata per le mappe nautiche, ma non solo, è tuttora utilizzatissima: sapevate che è la carta che usiamo oggi in Google Maps? Google usa la Mercatore Sferica, un tipo di proiezione di Mercatore, mentre ha usato una proiezione equirettangolare fino al 2005. Infatti, nonostante la sua distorsione, la Mercatore si adatta bene perché può essere spostata e scalata.

Mappa di Mercatore

Dunque, se la carta di Mercatore è stata creata per la navigazione, quella di Peters,
del 1974, è stata creata per rispecchiare le reali misure in scala 1:635.500.000 (ossia che un cm2 equivale a 63.500 km2 di superficie reale) e mantiene sempre ortagonali, su un piano a due dimensioni, i meridiani e i paralleli. Questo va a discapito della precisione nella rappresentazione delle distanze verticali. In particolare, però, la carta di Peters è veritiera in quanto mantiene uguale la distanza di tutti i punti dall’Equatore, perché i meridiani si uniscono ai poli. Inizialmente, poiché la proiezione di Peters mostrò più esattamente le dimensioni dei paesi in via di sviluppo, molte organizzazioni caritatevoli gli diedero sostegno, visto che la carta di Mercatore fu tacciata di eurocentrismo: al tempo di Mercatore, infatti, l’America era stata scoperta da poco e siamo nel periodo delle grandi esplorazioni geografiche, sempre seguite dai commerci selvaggi dell’Europa a danno delle colonie in India e nel Nuovo Mondo. La rappresentazione del mondo di Mercatore, quindi, pone l’idea dell’Europa come centro politico ed economico del mondo, tanto da dare un’immagine del mondo falsata. Per esempio l’Europa più grande dell’America Latina, che invece risulta più del doppio più grande. O ancora, la Germania è esattamente al centro e non a caso Mercatore era tedesco. Ne consegue quindi che rappresentazione della Terra che siamo abituati a vedere fa sembrare più importanti i paesi del Nord del Mondo. Ed era proprio per questo che Peters affermava che la sua rappresentazione per “aree equivalenti” rendeva giustizia a tutti i Paesi del mondo. Ma i sostenitori di Peters non avevano considerato il periodo storico: la proiezione di Mercatore è stata concepita essenzialmente per la navigazione, quindi non per questioni politiche ma perché era quello di cui si sentiva necessità in quel momento storico.

Mappa di Peters
@wikipedia: “in questa carta la riga celeste sta ad indicare l’Equatore mentre le due righe blu scuro stanno ad indicare i due tropici (Tropico del Cancro e Tropico del Capricorno)”.

Oggi entrambe le proiezioni sono state quasi ovunque sostituite da proiezioni più precise: nelle aule di scuola probabilmente c’è la proiezione di Robinson o quella di Winkel Tripel, ma di questo parleremo in un altro articolo.

Abbiamo capito, insomma, che tutte le carte sono diverse, e al contempo giuste e sbagliate. O meglio, imperfette. Non esiste una carta perfetta, perché le carte possono essere solo vicinissime alla realtà. Esistono però molte carte che esaminano a fondo e per bene un aspetto. Per avere idea di più aspetti devo incrociare informazioni, fonti e…mappe.

Articolo di Antonio Orsini e Alessandro Tocci, IIB

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Il limite, qualche riflessione

Un limite è una protezione, ma se lo oltrepassi puoi cacciarti in un oceano di guai, ma anche in un oceano di fortuna, basta avere la curiosità, l’energia e la voglia di vivere.
Federico Curti IIC

Un limite è qualcosa che spesso l’uomo ha dovuto fronteggiare nella storia. Uno dei limiti più famosi di tutti i tempi è “l’ermo colle” della bellissima poesia L’Infinito di Leopardi. La “siepe che il guardo esclude” è proprio la descrizione di un limite, di un confine che l’autore stesso vuole sorpassare, perché il desiderio di sapere è proprio dell’uomo. L’Oceano anche spesso è stato un limite geografico, fino a quando non si è iniziato a solcare le sue onde per scoprire terre nuove. Quindi io penso che l’atteggiamento con il quale si affronta il concetto di limite possa fare la differenza.
Angelica Ianiro, IIC

Nella società di oggi si è sviluppata una forma di poco rispetto verso le persone considerate diverse. Il diverso nasce da un limite. Vero o immaginario. Il razzismo è per esempio un fenomeno irrazionale e ingiusto ma, ahimè, molto comune. Così come le discriminazioni verso i disabili. Bisognerebbe semplicemente far capire ad alcune persone che se mettono dei limiti troppo rigidi possono perdersi tante cose belle, per esempio gli incontri con le altre persone. Mi viene da pensare che “ognuno di noi è meravigliosamente unico e meravigliosamente diverso”. Sandro Penna diceva: “Felice chi è diverso, essendo egli diverso, ma guai a chi è diverso, essendo egli comune”. Secondo me ha ragione!
Arianna Gasbarro, IIC

Superare una limite è come superare una paura e la paura è un ostacolo che ti assilla, che prima o poi devi affrontare. C’era un ragazzo di nome Jack, che aveva paura dell’altezza e di volare. Lui non andava mai a fare scampagnate, scalate o viaggi all’estero. Un giorno si convinse ad andare a fare una scalata con i suoi genitori, perché voleva superare a tutti i costi questo limite che si era imposto. Cominciarono quindi a salire, e lui si impose di non guardare mai indietro. Dopo tanta fatica arrivò alla prima tappa della scalata e nonostante tutto non riuscì a guardarsi dietro. Cominciò a salire per l’ultima tappa ed era proprio da lì che voleva guardare giù: dal punto più alto. Arrivò in cima senza fiato, sfinito, senza energie, ma si convinse a girarsi, anche se aveva tantissima paura. Aprì gli occhi e guardò giù: vide un panorama mozzafiato. Da quel giorno la scalata diventò il suo hobby preferito.
Valerio Lombardi, IIC

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Fake News

Cominciamo in maniera diretta: le fake news sono delle false notizie. O notizie esagerate, distorte. Comunque non attendibili.

Quindi è importante essere consapevoli del fatto che oggi esistono articoli che contengono informazioni del tutto o parzialmente inventate e ingannevoli, nate
proprio con lo scopo di disinformare – paradossalmente – attraverso i mezzi di informazione. La fake news dunque è una notizia volontariamente manipolata. In passato la falsa notizia era qualcosa che restava tra chi l’aveva raccontata e la cerchia di chi l’aveva ascoltata. Oggi invece è fin troppo facile diffondere fake news, soprattutto attraverso i social network. E questo vuol dire che in un attimo la notizia potrebbe fare il giro del mondo.

Ci chiediamo allora:
per quale motivo nascono le notizie false? Soprattutto per questioni di business e pubblicità: i siti che condividono le fake news attirano gli utenti che, visualizzando i contenuti, fanno guadagnare i creatori.

Come attirano gli utenti? Con i titoli clik-baiting, in italiano acchiappaclick, che sono quei titoli ben studiati che impressionano gli utenti, che li incuriosiscono anche se non sono veritieri. Ma soprattutto che, dopo aver catturato l’attenzione del lettore, non svelano il contenuto dell’articolo o del video, quindi l’utente è costretto a cliccare se vuole saperne di più.

Come riconoscere le fake news?
La prima cosa da fare è verificare la fonte. Se, per esempio, la notizia viene da un sito non attendibile, mai sentito prima o anche col nome molto simile a un sito vero ma con qualche lettera diversa (anche una sola a volte), è bene insospettirsi.
Si dovrebbe poi leggere con attenzione il pezzo, interamente, e farsi delle domande sull’argomento, ma soprattutto cercare altre informazioni, comparare e confrontare con altre fonti, con altri siti, altri quotidiani etc.
Non ci si deve fidare dei titoli, come dicevamo, ma nemmeno di foto visibilmente ritoccate o di fotomontaggi. E poi, altro piccolo ,a grande accorgimento è quello di non condividere o diffondere una notizia se non si è certi della sua veridicità.

Qui, su questo sito interessantissimo, Fact Checkers, troverete una guida molto accattivante e semplice allo stesso tempo, realizzata in collaborazione con Sky, che insegna come distinguere una fake news e anche un quiz per verificare se hai imparato a farlo. Vi invitiamo a consultarla.

E poi, qui sotto, un utile strumento del MIUR in collaborazione con altri enti che serve per capire la situazione e affrontarla al meglio, ma anche e soprattutto fronteggiarla, visto che ormai è un fenomeno diffuso. Anche se c’è scritto decalogo quando i punti sono solo 8 ci sembra ben fatto. Eccolo qui:

Il 2 aprile, inoltre, è l’International Fact-checking Day, giornata dedicata alla sensibilizzazione contro le notizie false e manipolate.
Concludiamo con una nostra riflessione.
Pensiamo che al giorno d’oggi il business e il denaro influiscano troppo su vari argomenti e vari settori del lavoro e della vita quotidiana; ma soprattutto che la gente deve studiare e informarsi, altrimenti cadranno sempre nella rete delle fake news.

Articolo di Arianna Brescia, Marta Canale e Lucia Lauriente

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Voce del Verbo ODIARE

Gli haters sono utenti che spesso si nascondono dietro falsi profili il cui scopo è solo ed esclusivamente quello di offendere qualcuno, senza motivo. Sono dei bulli del web, denominati anche cyberbulli e diffondono odio online, forti di stare dietro il confine immaginario di una tastiera. L’odio online può avere forme e obiettivi diversi. Si può parlar male di singole persone, di partiti politici o anche di intere classi sociali. Non importa il ruolo o l’età, gli haters prendono di mira tutti, anzi, più si è noti e più aumenta la possibilità di essere vittime di insulti e prese in giro. Naturalmente gli haters non offrono mai argomentazioni logiche e ponderate, non hanno un pensiero ben definito e strutturato, forse non hanno nemmeno un pensiero “loro”, ma solo pensieri “contro”, come se fossero incapaci di ragionamenti costruttivi o come se il loro atteggiamento critico fosse a priori un semplice meccanismo per sfogare la rabbia e la frustrazione.

Impossibile ragionarci, puoi solo dar loro ragione o lasciarli perdere. Questi odiatori sono sempre esistiti, ma sono emersi in tutta la loro evidenza a causa dei social media: prima non erano numerosissimi, potevi scegliere di evitarli o ignorarli, la loro presenza era meno ingombrante e meno fastidiosa. Invece con l’avvento di internet e, in particolare, dei social network, questi haters non puoi più né ignorarli né evitarli. Ci devi fare i conti. Mark Zuckerberg, il fondatore di Facebook, ha ribadito di voler costruire un mondo libero dall’odio, lo stesso mondo a cui aspira il 70% dei navigatori del web, che si dichiara stanco dell’ostilità che avvelena i social media, stanco del cosiddetto “hate speech”. Oggi, trovare delle persone che sappiano valorizzare ogni vita, ogni essere umano, sembra davvero difficile e proprio per questo bisogna cercare di eliminare i pensieri negativi che si hanno sulle differenze tra le persone, cercando di vivere tutto in modo più sereno senza offendere o far sentire inadeguato il prossimo, poiché siamo tutti uguali e meritiamo tutti di essere felici.

Gli episodi di violenza e di discriminazione sul web, purtroppo, sono ormai all’ordine del giorno ed inoltre c’è un’enorme diffusione di notizie false che dobbiamo imparare a riconoscere. Su questo scriveremo presto un nuovo articolo, perché il confine tra falsa notizia e verità ci sembra degno di nota e di maggiore riflessione ed esplorazione. Tornando agli haters, nell’ultimo periodo ci sono stati vari insulti e prese in giro su personaggi pubblici come Liliana Segre, attivista politica superstite dell’olocausto e testimone della shoah italiana che il 19 gennaio 2018 è stata nominata senatrice a vita. La Segre ha ricevuto circa 200 insulti e minacce al giorno sui social media e durante un convegno ha così commentato, con un sorriso e una battuta, quell’ondata di aggressività che si è scatenata contro di lei sul web: “Non ne ho letto neanche uno. Sono vecchio stile faccio già fatica con il mio telefonino“.

Ad essere presi di mira sono stati, tra gli altri, anche i Ferragnez, la famosissima coppia formata da Chiara Ferragni (imprenditrice, blogger, designer e influencer italiana) e Federico Leonardo Lucia (in arte Fedez, noto rapper italiano). I due sono stai colpiti fortemente dal fenomeno degli haters, che li hanno insultati soprattutto per la gestione del figlio, nonché per i post e le foto che pubblicano sui social network.

Proprio per discutere dell’uso consapevole della rete e del crescente problema del cyberbullismo e degli haters è stato istituito il SAFER INTERNET DAY, la giornata mondiale per la sicurezza in rete che ha lo scopo di far riflettere i giovani sull’uso della rete. Il SID è un evento di portata internazionale che si svolge ogni anno a febbraio, qui il sito, qualora voleste saperne di più. Questo fenomeno degli odiatori seriali online ci deve però far riflettere in maniera più ampia: come mai queste persone covano così tato odio? Come mai col favore dell’anonimato che utilizzano sul web, dietro il confine immaginario di uno schermo di un pc o di un telefono, queste persone si sentono più forti e in grado di arrivare a offendere? Dovremmo interrogarci su questo. E capire cosa stiamo sbagliando, perché nel 2019 in un mondo che si dice moderno e civile, come il nostro, questo fenomeno ci lascia perplessi.

Mariarita D’Onofrio e Agnese Lauriente, III C

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LA FORZA DELLA MEMORIA

In occasione della morte di Pietro Terracina, sopravvissuto ad Auswitzch

Credo che la memoria abbia un grande potere, vale a dire quello di far rivivere nel tempo gli avvenimenti passati e da essi trarre insegnamenti. Invece l’uomo, pur essendo consapevole dei propri errori, non impara, non assimila nessun insegnamento dalla Storia e cade sempre vittima del proprio egoismo, ignorando così la grande forza della memoria che ci consentirebbe di costruire un futuro migliore proprio partendo dalle rovine del passato.

Pietro Terracina

Per questo è importante rendere omaggio a coloro che hanno vissuto da protagonisti avvenimenti di rilievo che non vanno dimenticati e che la memoria, appunto, rende ogni volta attuali. Così come non dovremmo dimenticare mai che tanto grande è l’intelletto dell’uomo e può portarlo a grandi imprese, tanto può essere causa della sua debolezza, se non viene usato per scopi volti al comune interesse.

Anna De Sanctis, III C

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Il mercante di luce

Non importa quanto si vive, ma con quanta luce dentro”.

Un messaggio bellissimo quello che ho tratto da questo libro. Un testo che mi ha scavata dentro. Il mercante di luce è uno di quei libri emozionanti ed intriganti, da leggere tutto d’ un fiato. Narra fatti, favole, storie e poesie in solo una centinaia di pagine e racconta la storia di un ragazzo, Marco, e di suo padre, insegnante e appassionato di greco, Quondam. I due, insieme, si trovano a vivere tante emozioni diverse. Quondam divorzia con Miranda spiegando tutto in una lettera ed è in crisi per la malattia del figlio. Leggendo questo libro si percepisce un grande e profondo senso nelle parole e nella vita, anche quando sembra tutto perduto. Marco purtroppo soffre di progeria, una malattia genetica dovuta alla mutazione di un gene del DNA e questo purtroppo è indice di una vita molto breve. Ma l’aspetto peggiore è che Marco lo sa, la progeria non coinvolge le cellule celebrali, quindi, per tutti i suoi diciassette anni di vita sarà curioso, emotivo, consapevole, brillante ed intelligente. Quondam nonostante il dolore vuole dare a suo figlio la sua parte migliore, la cultura, e quindi nella brevissima vita di Marco, Stefano cerca di fargli vivere tutto il tempo di un’esistenza normale, raccontandogli di poeti ed eroi greci, cercando di sorpassare la paura con la forza della bellezza. Durante il racconto emergono moltissimi personaggi, tanti oggetti (come il taccuino di Marco e il pallone da calcio), mille storie greche, eventi significativi e un vortice di emozioni che partono dalla rabbia e dalla tristezza fino ad arrivare alla gioia e all’amore, il sentimento più complesso di tutti. Amore in senso lato.

“L’amore è ossessione; non designa un termine, non disegna un futuro, non esiste un progetto, un “faremo”, un “saremo”, e non esistono perché. Questa passione brilla di una luce così intensa , così insopportabile alla vista che non può durare più di un attimo, poi è solo il buio dell’attesa nella speranza di un altro evento simile…(pag 85)”  

Il vero protagonista del romanzo è proprio lui: l’Amore- L’amore per la letteratura greca, l’amore per Miranda –che resta amore anche se finisce, perché in fondo l’amore si trasforma ma non finisce mai-. O, ancora, l’amore di Marco per il calcio, l’amore di Quondam per il figlio e viceversa. Insomma, alla fine mi sono accorta che senza questo sentimento non sarebbe successo niente, che forse le nostre vite le muove l’amore. E che l’amore va oltre i confini, come le geostorie che qui raccontiamo, perché è fortissimo, perché non lo puoi chiudere in una stanza. E mi sono accorta che è l’amore a generare luce.

Marco è allora il mercante di luce perché è riuscito a insegnare a suo padre che esiste un senso che va oltre le apparenze, che è proprio dell’anima, degli uomini nobili. E che quel senso va cercato, alla fine dei giochi. C’è chi rischia di non trovarlo. Quondam lo trova grazie al figlio. Qualcuno forse l’amore ce lo deve spiegare. Con i fatti, però. Così da poterlo insegnare e trasmettere a nostra volta. E così Quondam, dopo un mese dalla morte del figlio, torna a lavorare: pur mantenendo dentro di sé il vuoto più grande del mondo, negli occhi, nella mente e nel cuore porterà per sempre “la luce” di Marco.

Recensione di Elia Buzzelli


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Les barrières linguistiques

L’expression barrière linguistique décrit l’incapacité de plusieurs personnes de langue maternelle différente à communiquer entre elles.

Dans le passé, les barrières linguistiques étaient très fortes. À l’époque, en particulier dans les pays les moins avancés, les gens du même pays ne pouvaient pas communiquer parce qu’ils parlaient de différentes langues. Aujourd’hui, ce problème peut être surmonté, depuis l’enfance.
Aujourd’hui, à l’école, nous apprenons plusieres langues ètrangères: l’Anglais mais aussi le Français, l’Ḗspagnol, l’Allemand, le Grec, le Latin et beaucoup d’autres langues.
De nos jours, on parle beaucoup de «compétences», comme d’aptitudes que nous avons personnellement et que nous sommes censés maitriser pour mieux évoluer dans notre vie personnelle et professionnelle.

Le domaine des langues n’échappe pas à cette tendance. À l’heure de la mondialisation et de l’ouverture des frontières, il ne faut plus avoir peur des barrières linguistiques et, au contraire, se donner les chances de les outrepasser.
Le cadre Européen Commun de Référence pour les Langues existe depuis 2002 et a pour objectif de mesurer les compétences en langues étrangères dans chaque État membre, mais aussi sur d’autres continents et est disponible en 40 langues.

Les compétences linguistiques sont évaluées sur 6 niveaux : débutant (A1, A2), intermédiaire (B1, B2), avancé (C1 et C2) et fournissent aussi une base pour la reconnaissance mutuelle de certifications en langues.
Nous élèves de la dernière année de l’école Alda Merini, nous avons suivi un cours de préparation pour soûtenir l’examen pour la Cèrtification en Langue Française DELF (Diplôme d’études en langue française). Il y avait deux cours pour deux niveaux: DELF A1 et DELF A2, tenus par nos professeurs de Français. L’éxamen pour le DELF A1 a eu lieu le 13 mai, et le 15 mai pour le niveau A2. Après cet examen, nous obtiendrons (on l’éspère) le cértificat de langue Français du niveau réspectif.
Le Diplôme d’Études en Langue Française (DELF) est un diplôme décerné par le ministère de l’éducation nationale français. Il valide le niveau de maîtrise du français langue étrangère du candidat dans toutes les compétences linguistiques: expression écrite et orale, compréhension écrite et orale. C’est un diplôme reconnu dans le monde entier et valide à vie. Nous avons soûtenu même des épreuves en langue anglaise pour cértifier nos compétences à la fin de ce premier cycle scolaire (INVALSI).

Ḗtudier une langue étrangère c’est une façon de rapprocher les peuples et les gens et de rencontrer de nouveaux amis, dans un monde global et interculturel.

Article de Davide Fantone