Browsing Category

Frontiere e confini

Articoli Recenti, Confini Immaginari, Contaminazioni, Frontiere e confini, Geologia, Tra le placche

Il ghiaccio e il fuoco

La terra del ghiaccio e del fuoco. L’Islanda è chiamata anche così, perché il suo territorio è davvero particolare dal momento che è ricoperta da vulcani e ghiacciai, soprattutto. Ma non solo. L’Islanda nasconde degli scenari naturali fantastici come bump, geyser, panorami sconfinati, scogliere e iceberg.

Viene definita “terra di ghiaccio”, Ice Land, perché per circa 13. 000 km2, un buon 10%, è ricoperta da ghiacciai. Può essere tuttavia chiamata anche “terra di fuoco” a causa dell’intensa attività dei suoi numerosissimi vulcani e dei fenomeni di vulcanesimo con cui si manifesta il calore racchiuso nelle sue viscere. L’Islanda è infatti un’isola vulcanica.
Tra l’altro un’eruzione nata da una fessura nel terreno sta portando alla nascita di un nuovo vulcano. Vedere e sentire la Terra che cambia, che si trasforma, ci fa sentire più vivi, emozionati di fronte al nostro pianeta che è sempre fonte di stupore

L’Islanda è una terra giovane (circa 20 milioni di anni) e ha una geologia che mi attira molto, infatti si trova proprio a cavallo della dorsale medio – atlantica.  Proprio una faglia vulcanica, tra l’altro, è quella che divide l’isola in due parti che si separano in continuazione ad una velocità di circa 2 centimetri l’anno. Le faglie dunque si allontanano tra loro.

L’Islanda quindi rappresenta la più ampia parte emergente della lunghissima dorsale medio-atlantica che è sommersa nell’Atlantico, ma attraverso la quale risale il magma dagli strati profondi della terra: qualche volta su questa dorsale qualche terra riesce a emergere e a formare delle isole, di natura vulcanica ovviamente proprio come è successo per l’Islanda, o le isole Azzorre.
Conseguenza dei fenomeni vulcanici è l’abbondanza di geysers e di sorgenti calde, che hanno un’ importanza economica notevole, come abbiamo studiato in geografia: l’energia geotermica qui è sfruttatissima.

I vulcani attivi sono confinati a nord del Vatnajokull, il ghiacciaio più grande dell’Islanda ma anche d’Europa. Possiede molte lingue di ghiaccio su ogni lato e ciascuna ha un nome. 8.100 Km² di ghiacci e iceberg, che ricoprono quasi il 10% della superficie dell’Islanda. Il Vatnajökull è il quarto ghiacciaio al mondo dopo la calotta glaciale dell’Antartide, la calotta glaciale della Groenlandia ed il Campo de Hielo Sur in Patagonia

Sotto la sua cappa di ghiaccio si trovano diversi  vulcani attivi: non è incredibile?

L’Islanda è un paese che mi affascina molto e che prima o poi vorrei
visitare
perché mi incuriosisce molto. Già dal nome mi fa pensare a una
specie di terra magica
: se penso al ghiaccio e poi al fuoco che sono
due elementi diversi, opposti, che in teoria dovrebbero annullarsi a vicenda e invece convivono benissimo, non vedo l’ora di andare a vedere di persona.

Dell’Islanda parleremo ancora, perché c’è tanto da dire. Ne abbiamo già parlato qui. Buona lettura!

Articolo di Federico Valentini, 2A

Articoli Recenti, Contaminazioni, Geologia

Il Carsismo: di che parliamo?

Il carsismo è un fenomeno che si rileva nelle zone in cui sono presenti rocce calcaree. Infatti le rocce calcaree sono formate prevalentemente da carbonato di calcio, un composto chimico solubile in acqua e che si erode facilmente. Questo fenomeno si verifica quando l’acqua, leggermente acida (unita ad anidride carbonica presente nell’aria), “aggredisce” le rocce calcaree e le modella sia in superficie che in profondità (come avviene per i pozzi naturali) creando forme spettacolari che attraggono molti turisti.

Il termine carsismo deriva dalla regione del Carso triestino, perché è proprio qui che sono iniziati gli studi di questo fenomeno, un altopiano che occupa una buona parte del territorio della Venezia Giulia e della Slovenia.

L’attività chimica dell’acqua genera doline, inghiottitoi, paesaggi bellissimi. L’acqua piovana corrode le rocce calcaree in superficie, creando delle fessure e penetrando in profondità. Poi a un certo punto incontra uno strato di roccia impermeabile e, non potendo più scendere in profondità, l’acqua continua comunque a scavare nelle rocce calcaree, creando, con il passare del tempo, vere e proprie grotte carsiche.

IL CARSISMO HA TANTE FORME

Ci sono diversi tipi di forme carsiche, sia in superficie che nel sottosuolo.
Vediamo quelle in superficie:

I KARREN: sono dei solchi creati dall’erosione dell’acqua piovana in grandi distese di roccia calcarea.

LE DOLINE: sono delle depressioni del terreno a forma di imbuto. In alcune doline ci può essere un inghiottitoio che fa passare l’acqua piovana per raccoglierla nel sottosuolo. Quando ci sono due o più doline insieme, formano un’uvala.

Ora passiamo a quelle nel sottosuolo:

Le più comuni sono le GROTTE: possono essere piccole e inesplorabili, oppure grandi, facilmente accessibili.

I POZZI e LE GALLERIE: i pozzi si sviluppano in verticale, mentre le gallerie in orizzontale.

E LE STALATTITI E LE STALAGMITI?

Queste due forme carsiche sono frutto di un accumulo di carbonato di calcio contenuto nelle acque che attraversano ed erodono il terreno. Le stalattiti si formano dall’alto verso il basso e possono impiegare molti anni per formarsi. Le stalagmiti si formano invece, dal pavimento verso l’alto, in quei punti in cui le gocce di acqua cadono e depositano sottili veli di carbonato di calcio. E pian piano salgono e salgono. Quando stalattiti e stalagmiti si fondono, danno vita alle forme più spettacolari e strane!

Attraverso le spaccature delle rocce, l’acqua arriva nella grotta goccia a goccia. Alcune gocce, prima di cadere, evaporano e parte del bicarbonato di calcio si trasforma in carbonato di calcio, che va proprio ad aderire al soffitto della grotta. Si formano così, nel corso degli anni, delle colonne pendenti dette stalattiti. Se la goccia cade sul pavimento, l’evaporazione termina al suolo e, in corrispondenza delle stalattiti, si formano delle colonne ascendenti dette stalagmiti. Se stalattiti e stalagmiti si uniscono, quando sono molto alte o molto lunghe, formano vere e proprie colonne che vanno dal pavimento al soffitto.

Il carsismo è un fenomeno molto diffuso in tutta Europa, quindi naturalmente anche in Italia. Vediamo le zone più importanti:

  • la Grotta Gigante, proprio sull’altopiano del Carso;
  • le Grotte di Frasassi, nelle Marche;
  • la Grotta del Vento, in provincia di Lucca;
  • le Grotte di Pastena, nel Lazio;
  • le Grotte di Castellana, in Puglia.

Ma soprattutto lo troviamo anche e soprattutto nell’area del Parco Sirente Velino, in Abruzzo. L’inghiottitoio di Terranera, chiamato Pozzo Caldaio, ne è un esempio, ma anche la zona di Rocca di Cambio e le bellissime e famose Grotte di Stiffe. Anche il fenomeno dell’erosione fluviale crea paesaggi spettacolari, come si vede nelle Gole di Aielli Celano, lunghe circa 5 km e strettissime, e con pareti alte più di cento metri. Questo vero e proprio canyon è scavato dal torrente La Foce.

Nelle grotte carsiche troviamo persino vita animale: ragni e anfibi, ma anche crostacei. Un animaletto molto particolare è il proteo, un anfibio privo della vista, che vive esclusivamente nelle grotte.

Articolo di Alice Lucchini, classe 2A

Articoli Recenti, Confini Immaginari, Razzismo

Un sognatore che non si è mai arreso


Un vincitore è un sognatore che non si è mai arreso. 

Il 18 luglio si celebra Nelson Mandela International day, l’anniversario istituito dall’ONU nel 2009 per celebrare uno degli uomini più importanti del 900. Mandela nasceva proprio il 18 luglio, del 1918: è stato attivista e politico e fu attivo in Sudafrica, lottando durante tutta la sua vita contro la violenza, la segregazione razziale e perché che i neri potessero godere degli stessi diritti dei bianchi.

Mandela fece dell’uguaglianza e della libertà i suoi principi basilari: nel 1944 entra nella politica diventando membro dell’ANC (African National Congress) e guidando per anni campagne pacifiche tese alla parità dei diritti e all’uguaglianza tra i popoli. Aveva 30 anni quando l’apartheid divenne Legge dello stato in Sudafrica, era il 1948 e lui soffriva intensamente a pensare a quel che stava succedendo. Nel 1962 venne arrestato con l’accusa di sabotaggio e fu scarcerato solo 27 anni dopo. Fu un momento tanto buio della storia sudafricana, ma nonostante lui sia costretto al carcere, la sua immagine fa breccia sempre di più nell’opinione pubblica. Nel 1994 però è diventato il primo presidente della Repubblica del Sudafrica eletto democraticamente. Quello che mi ha sempre colpito in lui è la sua statura morale di fronte all’ “apartheid”, che nella lingua africana ha il significato letterale di “separazione”, per indicare appunto la divisione tra bianchi e neri.

Questa politica di discriminazione razziale venne regolamentata in apposite leggi nelle quali si stabiliva una netta distinzione della popolazione in tre gruppi razziali principali: bianco, nero africano e “coloured”, cioè appartenente ad una razza mista. Le relazioni interrazziali in questo modo erano del tutto impossibili: esistevano luoghi da frequentare separatamente, mezzi pubblici riservati solo ai bianchi, spiagge a cui i neri non potevano accedere, etc. Per fortuna, però, proprio grazie a Mandela, il Sudafrica gettò le prime basi per la democrazia.

Le leggi dell’apartheid discriminavano l’accesso al lavoro in base all’appartenenza razziale, vietavano i matrimoni tra persone di razze diverse, istituivano veri e propri “ghetti” (chiamati bautustan) in cui veniva relegata la popolazione nera, che in questo modo era sottoposta ad un forte controllo da parte del Governo.


La vita di Mandela è un modello di forza e coraggio: per questo viene considerato un emblema per le generazioni di tutti i tempi. Nelson Mandela terminò i suoi giorni il 15 dicembre 2013 lasciando un mondo migliore di come lo aveva trovato.

Articolo di Pietro Catalli

Articoli Recenti, Attualità: come va il mondo, Confini Reali, Contaminazioni, Frontiere e confini, Geologia, Tra le placche

Rift Evolution


Il Sistema Di Rift Valleys Africane Secondo John Walter Gregory, 1920

Le rift valleys (sì, al plurale) sono delle grandi fratture della crosta terrestre all’interno delle masse continentali che si allargano e si allontanano pian piano, nel tempo, anticipando la formazione di un nuovo oceano tra di esse. In Africa, come mostra la cartina appena sopra, c’è un sistema complesso di rift valleys. Ma veniamo a noi. La Rift Valley, quella che tutti abbiamo sempre sentito nominare, è un’enorme frattura geologica che scorre lungo tutto il bordo orientale africano, dalla depressione della Dancalia fino al Sudafrica e continua fino alla Siria attraverso il Mar Rosso, lungo un asse che va dal mar Morto alla valle del fiume Giordano. Le crepe crostali si trovano in tutto il mondo, ma quella dell’Africa orientale è la più grande.  Questa rottura si è creata dalla separazione delle placche tettoniche africana e araba. La potremmo definire anche una spaccatura (nella crosta terrestre ovviamente) e dobbiamo sapere che si estende per circa 6000 km, che è larga da 30 a 100 km e che in alcuni punti raggiunge la profondità di 1200 metri.

Questo processo geologico è iniziato 35 milioni di anni fa e ha causato un forte cambiamento climatico e ambientale: la fine delle foreste rigogliose che coprivano quasi tutto il continente e la creazione, coi processi di orogenesi e la nascita di nuove catene montuose, di una barriera che si è opposta alla circolazione dell’aria umida proveniente dal mare che ha reso il clima più caldo e secco e l’ambiente più arido.

Il movimento che ha provocato la spaccatura 35 milioni di anni fa prosegue anche oggi, naturalmente, ed è destinato a separare il Corno d’Africa dal resto del continente. Tutta quest’area lungo la quale si snoda la Rift Valley è fortemente sismica e vulcanica. Sono infatti di origine vulcanica i monti Kilimangiaro e il Kenya, ma anche il monte Meru, l’Elgon e il vulcano Ol Doinyo Lengai, che è l’unico vulcano natrocarbonitico del mondo (cioè con presenza di carbonati). Si capisce subito che è un posto incredibile! Nella parte meridionale del Mar Rosso, poi, la Rift Valley si separa in due direzioni diverse, verso est e verso sud. La zona della diramazione è chiamata triangolo di Afar o depressione della Dancalia: siamo in Etiopia e questo è un posto che vi lascerà senza fiato. Vi facciamo vedere una foto che vale più di mille parole e che descrive perfettamente la spettacolarità di questo posto:

Dancalia

La Rift Valley, inoltre, è stata una grande fonte di scoperte paleoantropologiche: i sedimenti della valle, provenienti dall’erosione degli altopiani circostanti, crearono un ambiente favorevole alla preservazione dei resti umani. Sono infatti state trovate numerose ossa di ominidi, antenati degli umani, tra cui anche quelle della famosa “Lucy”, uno scheletro quasi completo di australopiteco.
Tutto il sistema di rift valleys africane rappresenta un ambiente unico per capire bene e studiare l’origine e l’evoluzione dell’uomo: questo posto è infatti considerato la culla dell’umanità, ossia il luogo in cui si è evoluta e diversificata la nostra specie negli ultimi milioni di anni.

Rift Evolution, allora, come dice il titolo, perché ci sono posti sulla terra che più di altri ci insegnano che è tutto è in evoluzione insieme a noi. E che dalle spaccature entra la luce, e l’evoluzione cos’è, se non luce?


There is a crack in everything, that’s how the light gets in. (L. Cohen)
Articolo di Michele Altieri, 3A

Articoli Recenti, Contaminazioni

Arcobaleni sulla terra: il Perù e i suoi colori

Per la sezione dedicata alle contaminazioni abbiamo pensato di farvi fare un salto in Perù: La Vinicunca è una montagna delle Ande alta più di 5.000 metri. La particolarità è che questa montagna è colorata, arcobaleno quindi. Come mai, vi starete sicuramente chiedendo.

Ve lo spieghiamo subito. Cliccate qui in basso sul PowerPoint per scoprire da dove vengono questi colori sgargianti!

Articolo e PowerPoint di Erika Galante

Articoli Recenti, Attualità: come va il mondo, La linea sottile tra presente e futuro, Sostenibilità

Urbano VS Rurale

Il brano di Marcovaldo che abbiamo letto a scuola mi ha fatto riflettere sulle differenza tra la vita di campagna e quella di città. Credo che ognuno di noi almeno una volta nella vita si sia posto la domanda “dove è meglio vivere”. Al giorno d’oggi le persone che abbandonano la campagna per trasferirsi in città sono molte, è la tendenza degli ultimi decenni se ci pensiamo. Il primo motivo che spinge a spostarsi è il lavoro, perché la città come sappiamo offre più opportunità lavorative. Dipende anche dalla personalità di ognuno, dalle abitudini, dagli stili di vita ecc. La vita di città, ad ogni modo, ha vantaggi e svantaggi ed è molto diversa da quella di campagna che, allo stesso modo, ha pro e contro.

In città la vita non si può certo definire noiosa perché si ha la possibilità di fare tantissime cose, frequentare teatri, musei, bar di ogni genere, ristoranti, cinema, scuole, palestre, negozi, avere ospedali e studi medici vicino casa, mezzi di trasporto che permettono di spostarsi da un luogo ad un altro. Insomma qualsiasi cosa ci viene in mente è a nostra disposizione. Anche la vita sociale è diversa perché possiamo frequentare gli amici, studiare insieme, parlare e confrontarci a vicenda con estrema facilità e soprattutto confrontarsi con molta più gente, rispetto a un paese medio piccolo. Dietro tutto questo però ci sono anche molti svantaggi. Infatti in città non c’è tranquillità, silenzio e relax, come quelli che invece abbiamo in campagna: quella in città è una vita frenetica, ogni giorno dobbiamo tener conto del traffico, dei parcheggi che non si trovano facilmente e, non ultimo, dell’inquinamento. C’è troppo cemento e palazzi che non permettono di vedere i colori delle stagioni. A meno che non si è attentissimi osservatori come il nostro personaggio di Calvino.

In campagna invece le vite scorrono proprio in base alle stagioni, in maniera semplice, naturale, ciclica: la vita rurale ci offre aria pulita, ci si può immergere nella natura con estrema facilità, camminare tra gli altri, riscoprire noi stessi, sentire il rumore di un ruscello, il cinguettio degli uccelli e chi ama gli animali può tenerli senza che nessuno intorno si lamenti. La nostra salute è sicuramente migliore senza stress ed ansie e con un livello di inquinamento sicuramente inferiore. Anche la nostra alimentazione è diversa, troviamo facilmente prodotti bio a km 0 oppure abbiamo la possibilità di coltivare un nostro orticello, allevare il bestiame ecc. Anche la campagna però ha i suoi svantaggi. Purtroppo ci sono meno opportunità di lavoro, mancanza di servizi principali, soprattutto manca la vita sociale. Infatti spesso viviamo isolati e lontani dal mondo tecnologico, a volte ancora senza wifi in alcuni piccoli centri, specialmente dell’Italia interna, appenninica e non solo, e per spostarci è necessario avere una macchina o un qualsiasi mezzo di trasporto, altrimenti tutto è più difficile.
Io che abito in un paese di montagna sarei curioso almeno una volta di vivere un periodo in città, per potermi rendere conto delle differenze e delle difficoltà. Magari quando crescerò andrò a studiare fuori e lo sperimenterò. Ma allo stesso tempo, per ora, preferisco la campagna, perché trovo sia fondamentale vivere in natura. Secondo natura, anche.

Articolo di Paolo Lanno, classe 3C

Articoli Lo Specchio, Articoli Recenti, Attualità: come va il mondo, Diritto e Costituzione: tra libertà e senso civico, Frontiere e confini, La linea sottile tra presente e futuro

Libertà e lockdown: riflessioni da dietro una finestra

Nessuno conosce il senso della libertà fino a quando non gli viene tolta! Questo è ciò
che ci dice Pessoa e credo che abbia perfettamente ragione.

Non avevo mai riflettuto sul significato di questa parola, e nemmeno sulla sua importanza. Oggi, però, posso dire di averne capito tutto il valore e senza che nessuno me l’abbia spiegato. Marzo 2020: dichiarato il lockdown totale in tutta Italia per una pandemia mondiale.

Si diffonde il Covid-19, un virus che colpisce le vie respiratorie e che, se preso in forma grave, può causare la morte. Tutto si ferma: fabbriche, negozi, parrucchieri, uffici, mercati, scuole. Mi sono ritrovato chiuso in casa, come un prigioniero, non potevo uscire nemmeno per una passeggiata. Ogni mio diritto, compreso quello di andare a scuola, è scomparso in un attimo. Ho trascorso quasi tre mesi lontano da tutto e tutti, solo con i miei pensieri e con la paura di questa vita nuova, diversa, strana, piena di solitudine. Mi è mancata l’aria, mi sono sentito svuotato di tutto.

I giorni sono diventati lunghissimi e tutti uguali, potevo guardare il mondo solo da dietro la finestra e, giuro, di aver provato emozioni bruttissime, che non dimenticherò mai.

Le corse all’aria aperta, le partite a calcio, le passeggiate, le risate con i miei amici, erano diventati un sogno. Ho passato ore ed ore sdraiato sul letto, a ricordare questi momenti ed ho pianto tantissimo perché mi accorgevo di non averli più.

Come facevo a non riflettere, a non aver mai riflettuto finora su cosa fosse la libertà e su quanto fosse importante? Mi mancava troppo la mia vita, il virus me l’aveva tolta all’improvviso e non è stato difficile fermarsi a pensare. La libertà è un diritto e sicuramente il più importante. Racchiude l’anima e l’esistenza e l’essenza di ogni essere umano: libertà di pensiero, libertà di azione, libertà di fare scelte, libertà di essere felici. L’ho studiato anche a storia e in letteratura, ma non mi ero mai fermato a leggere e capire con attenzione questa piccola parola.
Popoli interi hanno combattuto per avere l’indipendenza e quindi la libertà. Come dimenticare la Francia, l’Inghilterra, l’Europa e le loro rivoluzioni? L’ Illuminismo è
quel periodo che, secondo me, ha portato davvero grandi cambiamenti nella storia
dell’uomo europeo.
E’ il secolo dei lumi, della ragione, quello che ha svegliato l’essere umano, quello che sosteneva l’uguaglianza, quello che diceva che ognuno deve scegliere la propria felicità, che ognuno deve scegliere la propria religione.
Non è libertà questa? 

Articolo di Nicolas Cordisco

Articoli Lo Specchio, Articoli Recenti, Attualità: come va il mondo, Diritto e Costituzione: tra libertà e senso civico, Frontiere e confini

Tra farfalle e costrizioni: l’importanza di essere liberi

Libertà: una parola di sette lettere che racchiude in sé un mondo, guerre e sacrifici umani di persone che hanno perso la loro vita per conquistarla. Mio padre afferma spesso che la libertà di ognuno finisce quando inizia quella di un altro; ciò significa che non vuol dire “poter fare tutto quello che vogliamo” ma agire nel rispetto delle altre persone.

La libertà è un diritto che è regolato anche nella Costituzione. Abbiamo studiato, tra le molte cose, che l’ONU (Organizzazione delle Nazioni Unite) è un garante di questo diritto: nessuno potrà essere tenuto in schiavitù né in servitù; la schiavitù e la tratta degli schiavi sono proibiti in tutte le loro forme. O ancora, passando alla letteratura, Ferdinando Pessoa afferma che chi non apprezza la libertà non ha mai conosciuto la costrizione. Condivido pienamente questo pensiero perché solamente quando si subisce o si vive una mancata libertà -che sia di pensiero, di parola, di espressione, di movimento- quindi quando ci viene tolto o soppresso questo diritto, possiamo apprezzarne davvero il valore.
Sempre mio padre, ricordando le parole di Don Luigi Sturzo, mi fa notare che la libertà è come l’aria, se è viziata, si soffre, se è insufficiente, si soffoca e se manca, si muore.
Altro esempio che sento spesso citare è dato dal paragonare la libertà che un genitore può dare ai propri figli a una farfalla: se si mantiene la farfalla chiusa senza farla volare, anche se guidati da uno spirito di protezione, non imparerà mai nulla; se la si libera completamente, la si espone a dei pericoli. Ma non si può non farlo e forse la via di mezzo, dell’equilibrio, è sempre la più giusta.

La storia ci insegna come questo diritto sia stato conquistato con le guerre, con il sangue, ma ci racconta anche di come, in un attimo, a molti uomini è stato negato, totalmente o parzialmente. Possiamo anche dire che sicuramente questi uomini avranno desiderato la
libertà più di ogni altra cosa, invece la generazione di oggi si sofferma poco a riflettere
sull’importanza di questa conquista e sulla sua grandezza. Un tema attuale della limitazione della libertà è rappresentato dalla pandemia: essa ci vede costretti a ridurre i nostri movimenti, le passeggiate, gli abbracci, gli affetti e il nostro stare insieme, anche se per fortuna tutto ciò è solo transitorio e per un fine comune di salvaguardia di un diritto altrettanto importante e fondamentale, il diritto alla salute.

Questa pandemia inoltre ci ha consentito di valutare ancora meglio la differenza tra i sistemi democratici e quelli dittatoriali; quindi anche la libertà che questi sistemi
concedono al popolo. Molti ritengono che il coronavirus abbia limitato la libertà delle persone; per questo ci sono state anche manifestazioni contro il governo che -se pur comprensibili da un lato, perché dettate dall’esasperazione- non credo siano condivisibili, o almeno non per me, perché senza queste misure restrittive ci sarebbero stati molti più contagi e più vittime. Quindi la limitazione della libertà che ognuno di noi ha subito e più o meno ha rispettato, ha contribuito a salvare molte vite umane.
Questi eventi attuali, così come quelli che studiamo sui libri di storia, ci devono far riflettere sull’importanza della libertà: essa va conquistata, poi mantenuta nel tempo e meritata, sempre nel rispetto di quella altrui.

Articolo di Irene Buzzelli


Articoli Recenti, Trincee

Grande Guerra e Giornalismo

A scuola parliamo spesso di informazione e di quanto sia importante che questa sia oggettiva e puntuale. Nel tempo e nella storia il suo ruolo è cambiato: oggi abbiamo internet ed in tempo reale possiamo sapere cosa succede in tutto il pianeta. Prima non era così. Vediamo cosa succedeva durante la Prima Guerra Mondiale.


lavoro di Greta Mannella

Articoli Recenti, Confini Reali, Contaminazioni, Frontiere e confini, Popoli: geostorie tra spazio e tempo

GeostoriE: riflettiamo un po’

La Geografia è l’albero, il tronco dal quale si diramano le altre materie, perché senza un luogo fisico non ci sarebbero persone che comunicano e agiscono ogni giorno. È come la storia della Matematica che è onnipresente, ma anche la Matematica deriva dalla Geografia, perché senza nessun punto di riferimento nello spazio, cosa posso misurare? Storia e Geografia vanno a braccetto, perché senza un luogo fisico e degli elementi geografici, come fiumi, laghi, foreste, non si sarebbe nemmeno svolta l’evoluzione dell’uomo, a partire dall’età della pietra, non si sarebbe scoperto nulla, non si sarebbero combattute battaglie, guerre, invenzioni, rivolte e rivoluzioni. In un certo senso, le materie e le discipline derivano anche dalla Storia, perché le lingue (e anche i dialetti), le scoperte scientifiche, le religioni si sono sviluppate in un determinato periodo della Storia, in un punto nel corso del tempo.
La metafora dell’albero è la più adatta, credo, per spiegare questo concetto: la Geografia è il tronco dell’albero, e la Storia è rappresentata dai rami più grossi, dai quali si diramano altre materie.

Antonio Orsini

La storia e la geografia sono due materie connesse tra loro. Non esisterebbe la storia
senza la geografia e la geografia senza la storia. Ogni evento storico è sempre
collegato ad un luogo geografico.
La scoperta dell’America è un perfetto esempio di
relazione tra storia e geografia perché è stata una delle scoperte più importanti di sempre, scoperta di un luogo geografico che è entrata nella Storia ed è avvenuta in un preciso momento storico.

Angelica Di Rienzo

Alcuni umanisti affermano che la geografia serve per conoscere e memorizzare la
storia, per capire come si è insediata una civiltà, il modo di vivere dei suoi abitanti, le
tradizioni, il sistema politico adottato, bisogna relazionarsi con il territorio, con
l’ambiente geografico che lo circonda, con il suo paesaggio. Le due discipline per me
sono interconnesse, dipendenti l’una dall’altra.
Per quanto riguarda il caso specifico della campagna di Russia di Napoleone
Bonaparte
, quest’ultimo decise di invadere la città di Mosca con circa
tantissimi soldati di nazionalità diverse ma non conoscendo la conformazione geografica del territorio, partì forse un po’ sprovveduto i i Russi nel frattempo bruciarono tutti i terreni, rendendoli sterili. Così, quando i soldati di Napoleone raggiungono la nazione straniera, non sanno di cosa cibarsi e molti muoiono di stenti. Nel frattempo poi arriva l’inverno russo, durissimo, e i militari non avevano
l’abbigliamento adeguato per sopravvivere alle temperature rigide ed essendo già
indeboliti, molti muoiono per il freddo e per le abbondanti nevicate. Ciò dimostra quanto sia importante la conoscenza della geografia e del territorio.

Greta Mannella