I
MIGRANTI AMBIENTALI SONO COLORO CHE SI TROVANO COSTRETTI A DOVER ABBANDONARE IL
PROPRIO PAESE PER PROBLEMI CHE RIGUARDANO L’AMBIENTE.
Ci sembrava un argomento da approfondire visto che unisce due tematiche centrali trattate a scuola quest’anno: il cambiamento climatico e le migrazioni.
Tutta
la storia dell’umanità è una storia di trasformazioni e spostamenti, di
migrazioni in fondo, generalmente di gruppo. E oggi questo è fenomeno molto
dibattuto, ne abbiamo parlato qui.
Le
cause sono tante, ma alcune inaspettate. Chi conosce per esempio i migranti
ambientali? Se na parla ancora poco, eppure esistono nel mondo persone costrette ad
abbandonare le proprie case e i propri affetti e a causa di vari problemi di
natura ambientale, quali terremoti, tsunami, eruzioni vulcaniche, ma anche cicloni
e uragani o, ancora, a causa di processi ambientali (e quindi se sono processi
non sono fenomeni improvvisi ma progressivi) come siccità, desertificazione,
innalzamento del livello del mare e scioglimento dei ghiacciai etc. Ma le cause
di queste migrazioni ambientali non finiscono qui: si è costretti ad andar via
dai propri territori anche per motivi legati ai conflitti causati dal controllo
delle risorse naturali: sono molte le guerre legate a problemi ambientali e
soprattutto, viste le risorse limitate del pianeta, saranno sempre di più e
sempre più subdole. Insomma, il fenomeno non è per niente da sottovalutare,
anche se pochi ne sono a conoscenza.
I profughi ambientali e la Convezione di
Ginevra
Che siano conflitti o disastri naturali, di solito i problemi sono provocati dall’azione antropica. A causa di uomini, altri uomini devono fuggire dal degrado ambientale e, a differenza di altri tipi di migrazione, non sono riconosciuti come rifugiati nelle convenzioni internazionali e quindi non sono tutelati da nessuna normativa. Sul termine da usare non sono tutti d’accordo. C’è chi parla di profughi ambientali, chi di migranti ambientali, altri di profughi climatici o eco-profughi, altri ancora rifugiati climatici. Ma la parola rifugiato al momento non è utilizzabile: la Convenzione di Ginevra del 1951, infatti, concede lo stato di rifugiato solo a chi è perseguitato per “razza” (e non abbiamo usato a caso le virgolette, leggete qui), religione, cittadinanza, appartenenza a un gruppo sociale o per le proprie opinioni politiche o, ovviamente, a causa di guerre.
Forse nel futuro si dovranno rivedere le cose. E quindi mancando
lo status giuridico di profughi per queste persone, è se vogliamo più difficile
inquadrare il fenomeno.
Come emerge chiaramente da queste prime riflessioni, il fenomeno delle migrazioni ambientali interesserà un numero sempre maggiore di persone e coinvolgerà quasi tutte le Nazioni, se non come aree di partenza almeno come aree di arrivo.
Abbiamo analizzato dei dati e abbiamo notato che il numero
di migranti in fuga da questi fenomeni, a partire dalla siccità fino ad
arrivare alle alluvioni, crescerà enormemente nei prossimi anni. Secondo la
Banca Mondiale entro il 2050, 143 milioni di “profughi ambientali” si
sposteranno nel mondo.
I migranti ambientali, come messo in evidenza
nelle righe precedenti, partono per una serie di motivazioni che si
sovrappongono e s’intersecano. Di solito, è bene ricordarlo, non si emigra mai
per un solo motivo. È stato ormai riconosciuto però che la componente ambientale
ha un peso da non sottovalutare e quindi il discorso sul rapporto tra ambiente
e migrazioni è assolutamente da affrontare tanto a livello globale quanto
locale. Nei prossimi anni bisognerà puntare all’elaborazione di politiche
globali efficaci alle quali far riferimento, ma anche e soprattutto sarà
necessario parlare di garanzie giuridiche pr questa categoria di migranti. Insomma,
il fenomeno ci sembra complesso e va analizzato su più fronti, sicuramente
quello sociale e ambientale insieme. Di sicuro dobbiamo riscoprire la bellezza
e l’importanza di curare e amare l’ambiente che ci ospita, altrimenti le
conseguenze potrebbero non piacerci.