Browsing Category

Sostenibilità

Articoli Recenti, Cambiamento climatico e Agenda 2030, Sostenibilità

L’economia circolare

Economia circolare è un’ espressione che indica un sistema economico ideato per potersi rigenerare in autonomia e che garantisce ecosostenibilità. E quindi, in un’economia circolare, i flussi di materiali sono solo biologici, perché possono essere reintegrati nella biosfera, e tecnici, perché possono essere più volte rivalorizzati.

Com’è nata l’idea?

Si iniziò a parlare di un’economia circolare perché efficace nella sua circolarità, nel suo impatto sulla creazione di posti di lavoro, nel suo saper risparmiare di risorse e della riduzione dei rifiuti. Questa ricerca venne resa pubblica begli anni 80 nello scritto Jobs for Tomorrow: The Potential for Substituting Manpower for Energy. L’accezione e l’idea di economia circolare comunque non può essere facilmente inqaudrata, è qualcosa che è nato nel tempo: non ha una data precisa di nascita o una paternità sicura, dal momento che trae ispirazione nel tempo da processi biologici. Le applicazioni pratiche ai sistemi economici moderni e ai processi industriali risalgono agli anni ’70. L’idea di un circuito circolare dei materiali venne presentata nel 1966 da Kenneth E. Boulding nel suo articolo “The Economics of the Coming Spaceship Earth“. I maggiori obiettivi dell’economia circolare sono l’estensione e l’allungamento della vita dei prodotti, la produzione di beni di lunga durata e la riduzione della produzione di rifiuti. Insomma gli intenti sono nobili. Questo concetto di economia circolare insiste, inoltre, sull’importanza di vendere servizi piuttosto che prodotti.

Citiamo dal Corriere della Sera, che trae spunto da un servizio di Milena Gabanelli: Ogni anno l’economia mondiale consuma quasi 93 miliardi di tonnellate di materie prime tra minerali, combustibili fossili, metalli e biomassa. Di queste, solo il 9% sono riutilizzate. Il consumo di risorse è triplicato dal 1970 e potrebbe raddoppiare entro il 2050. Secondo il Global Footprint Network, per mantenere l’attuale stile di produzione e di vita, un solo Pianeta non è ci basta, ne servirebbe 1,7, ovvero un’ altra Terra. Nel 2018, il giorno in cui abbiamo consumato tutte le risorse naturali che il Pianeta è in grado di rigenerare in un anno, è caduto il primo agosto: mai così presto. È come finire lo stipendio al 20 del mese, ma nessuno ti fa credito per gli altri 10 giorni. E i mutamenti climatici sono legati anche all’utilizzo di materie prime. Il 62% delle emissioni di gas serra (escluse quelle provocate dal consumo del suolo) avviene durante il processo di estrazione e lavorazione delle materie prime, mentre solo il 38% in fase di consegna o utilizzo dei prodotti. Che succederà fra 30 anni, quando saremo 9 miliardi di persone e il riscaldamento globale più su di un altro grado e mezzo?”

Questo estratto ci fa molto riflettere, forse l’economia circolare è un buon mezzo per contrastare questo andamento ormai pericoloso: il riutilizzo dei prodotti diventa fondamentale, pian piano anche i cellulari stanno iniziando ad essere progettati secondo questa ottica di riutilizzo e di “seconde vite”. Diamoci una possibilità. Se riuscissimo ad adottare questo approccio circolare potremmo cambiare davvero le cose, ma questo significa che le fasi della produzione e la filiera coinvolta nel ciclo produttivo vanno ripensate. Bisogna innanzitutto progettare i prodotti pensando fin da subito al loro impiego a fine vita; poi si deve dare priorità all’utilizzo di energie rinnovabili e ai materiali che non inquinano, insomma una “green economy” potrebbe essere quel che ci vuole adesso!

Di Domenico Luigi, Frate Guido, Bibaj Endrit, Chiappini Alessandro

Geoletteratura, Sostenibilità

“Il 21 a primavera”

In occasione della giornata della poesia, la prof ci ha distribuito dei segnalibri con su stampata una poesia, un regalo per noi e un’occasione per riflettere.

Segnalibri


Questa poesia, Prima di tutto l’Uomo, di Nazim Hikmet, è un inno all’amore, amore per l’ambiente e la natura, ma soprattutto amore per l’essere umano. L’autore dedica al figlio queste parole, come messaggio importante da lasciargli e trasmettergli, come un tesoro prezioso da custodire, come una specie di ricetta per la felicità.
Noi abbiamo commentato e analizzato la poesia in classe e abbiamo espresso le nostre riflessioni sia oralmente sia in maniera scritta.

Scorrendo la galleria potrete leggere alcuni dei nostri lavori; l’immagine di copertina è una foto di Alessia Raimondi.

Migranti Ambientali, Sostenibilità

MIGRANTI AMBIENTALI: IL RAPPORTO TRA CLIMA E MIGRAZIONI

I MIGRANTI AMBIENTALI SONO COLORO CHE SI TROVANO COSTRETTI A DOVER ABBANDONARE IL PROPRIO PAESE PER PROBLEMI CHE RIGUARDANO L’AMBIENTE.

Ci sembrava un argomento da approfondire visto che unisce due tematiche centrali trattate a scuola quest’anno: il cambiamento climatico e le migrazioni.

Tutta la storia dell’umanità è una storia di trasformazioni e spostamenti, di migrazioni in fondo, generalmente di gruppo. E oggi questo è fenomeno molto dibattuto, ne abbiamo parlato qui.

Le cause sono tante, ma alcune inaspettate. Chi conosce per esempio i migranti ambientali? Se na parla ancora poco, eppure esistono nel mondo persone costrette ad abbandonare le proprie case e i propri affetti e a causa di vari problemi di natura ambientale, quali terremoti, tsunami, eruzioni vulcaniche, ma anche cicloni e uragani o, ancora, a causa di processi ambientali (e quindi se sono processi non sono fenomeni improvvisi ma progressivi) come siccità, desertificazione, innalzamento del livello del mare e scioglimento dei ghiacciai etc. Ma le cause di queste migrazioni ambientali non finiscono qui: si è costretti ad andar via dai propri territori anche per motivi legati ai conflitti causati dal controllo delle risorse naturali: sono molte le guerre legate a problemi ambientali e soprattutto, viste le risorse limitate del pianeta, saranno sempre di più e sempre più subdole. Insomma, il fenomeno non è per niente da sottovalutare, anche se pochi ne sono a conoscenza.

I profughi ambientali e la Convezione di Ginevra

Che siano conflitti o disastri naturali, di solito i problemi sono provocati dall’azione antropica. A causa di uomini, altri uomini devono fuggire dal degrado ambientale e, a differenza di altri tipi di migrazione, non sono riconosciu­ti come rifugiati nelle convenzioni internazionali e quindi non sono tutelati da nessuna normativa. Sul termine da usare non sono tutti d’accordo. C’è chi parla di profughi ambientali, chi di migranti ambientali, altri di profughi climatici o eco-profughi, altri ancora rifugiati climatici. Ma la parola rifugiato al momento non è utilizzabile: la Convenzione di Ginevra del 1951, infatti, concede lo stato di rifugiato solo a chi è perseguitato per “razza” (e non abbiamo usato a caso le virgolette, leggete qui), religione, cittadinanza, appartenenza a un gruppo sociale o per le proprie opinioni politiche o, ovviamente, a causa di guerre.

Forse nel futuro si dovranno rivedere le cose. E quindi mancando lo status giuridico di profughi per queste persone, è se vogliamo più difficile inquadrare il fenomeno.

Come emerge chiaramente da queste prime riflessioni, il fenomeno delle migrazioni ambientali interesserà un numero sempre maggiore di persone e coinvolgerà quasi tutte le Nazioni, se non come aree di partenza almeno come aree di arrivo.

Abbiamo analizzato dei dati e abbiamo notato che il numero di migranti in fuga da questi fenomeni, a partire dalla siccità fino ad arrivare alle alluvioni, crescerà enormemente nei prossimi anni. Secondo la Banca Mondiale entro il 2050, 143 milioni di “profughi ambientali” si sposteranno nel mondo.

I migranti ambientali, come messo in evidenza nelle righe precedenti, partono per una serie di motivazioni che si sovrappongono e s’intersecano. Di solito, è bene ricordarlo, non si emigra mai per un solo motivo. È stato ormai riconosciuto però che la componente ambientale ha un peso da non sottovalutare e quindi il discorso sul rapporto tra ambiente e migrazioni è assolutamente da affrontare tanto a livello globale quanto locale. Nei prossimi anni bisognerà puntare all’elaborazione di politiche globali efficaci alle quali far riferimento, ma anche e soprattutto sarà necessario parlare di garanzie giuridiche pr questa categoria di migranti. Insomma, il fenomeno ci sembra complesso e va analizzato su più fronti, sicuramente quello sociale e ambientale insieme. Di sicuro dobbiamo riscoprire la bellezza e l’importanza di curare e amare l’ambiente che ci ospita, altrimenti le conseguenze potrebbero non piacerci.

Cambiamento climatico e Agenda 2030, Sostenibilità

Sviluppo sostenibile e Agenda 2030

Per parlare di sostenibilità dobbiamo fare incrociare tre ambiti: quello ambientale, economico e sociale, perché si tratta di un processo di cambiamento nel quale risorse, investimenti, tecnologie e istituzioni devono (e possono) essere connesse tra loro in maniera da favorire l’equità nella società e nell’economia e la tutela dell’ambiente. Quando questo incrocio riesce, o almeno ci si propone di farlo riuscire al meglio, si può parlare di sviluppo sostenibile.

(in foto vediamo proprio il Diagramma di Venn dello sviluppo sostenibile, risultante dall’incrocio delle tre parti che lo costituiscono)

In ambito ambientale la sostenibilità è fondamentale per garantire la stabilità di un’ecosistema. In ambito sociale indica un “equilibrio fra il soddisfacimento delle esigenze presenti senza compromettere la possibilità delle future generazioni di sopperire alle proprie”. Mentre il concetto di sostenibilità in ambito economico è alla base delle riflessioni che studiano la possibilità di un processo economico che si allunghi nel tempo: cioè, un processo è economicamente sostenibile se utilizza le risorse naturali ad un ritmo tale che esse possano essere rigenerate naturalmente.

Ci siamo soffermati a riflettere su queste due frasi:

«Quale pianeta lasceremo ai nostri figli?»

(Hans Jonas)

«A quali figli lasceremo questo pianeta?»

(Jaime Semprun)

Infatti, quando parliamo di sostenibilità, ormai abbiamo capito che ci deve essere un “equilibrio fra il soddisfacimento delle esigenze presenti senza compromettere la possibilità delle future generazioni di sopperire alle proprie”, un dialogo quindi tra presente e futuro. Del resto la Terra non la dobbiamo più pensare come l’eredità dei nostri padri, ma come un prestito dai nostri figli. Se cambiamo la nostra ottica forse ce la faremo!

Obiettivi per uno sviluppo sostenibile

L’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile, sottoscritta il 25 settembre 2015 dai governi dei 193 Paesi membri dell’ONU, “è un programma d’azione per le persone, il pianeta e la prosperità”. L’Agenda prevede 17 Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile “Sustainable Development Goals, SDGs” all’interno di un programma d’azione che comprende 169 traguardi.

Gli obiettivi di sviluppo sostenibile sono stati stabiliti per lo sviluppo internazionale futuro e sono “obiettivi comuni”, cioè che devono riguardare tutti i Paesi, e, di conseguenza, tutti i cittadini. Nell’Agenda si afferma il concetto, abbastanza innovativo, che vi abbiamo illustrato prima: non possiamo parlare di sostenibilità e pensare solo all’ambiente. Per questo gli obiettivi riguardano, oltre ad ambiente e natura, anche società ed economia toccando ambiti quali Istruzione, Povertà, Disparità di genere etc.

Vediamo alcune tematiche:

  • Povertà: porre fine alla povertà a livello globale
  • Cibo: azzerare la fame, garantire una “sicurezza alimentare” e una corretta alimentazione e promuovere un’agricoltura sostenibile
  • Salute: promuovere il benessere e assicurare una vita sana per tutti a tutte le età
  • Educazione: garantire un’educazione e un’istruzione di qualità che sia inclusiva e paritaria e promuovere opportunità di istruzione permanente per tutti
  • Donne: assicurare l’uguaglianza di genere e l’empowerment femminile[
  • Acqua: garantire a tutti la disponibilità e la gestione sostenibile dell’acqua e dei servizi igienici
  • Energia: garantire a tutti l’accesso a un’energia che sia economica, affidabile, sostenibile e moderna
  • Economia: favorire la crescita economica duratura, inclusiva e sostenibile, la piena e produttiva occupazione e un lavoro dignitoso per tutti
  • Infrastrutture: costruire infrastrutture resistenti, promuovere un’industrializzazione inclusiva e sostenibile e favorire l’innovazione
  • Disuguaglianza: ridurre la disuguaglianza tra i Paesi
  • Abitazione: costruire città e insediamenti umani inclusivi, sicuri, resistenti e sostenibili
  • Consumo: garantire modelli di produzione e di consumo sostenibile
  • Clima: adottare misure urgenti per contrastare il cambiamento climatico e i suoi impatti, assicurando che vengano messe in atto le strategie di mitigazione e adattamento
  • Ecosistemi-marini: preservare e utilizzare in modo sostenibile gli oceani, i mari e le risorse marine per uno sviluppo sostenibile
  • Ecosistemi: proteggere, rilanciare e promuovere l’uso sostenibile degli ecosistemi terrestri, la gestione sostenibile delle foreste, contrastare la desertificazione, arrestare e invertire il degrado del suolo e arrestare la perdita di biodiversità
  • Istituzioni: promuovere società inclusive e pacifiche per lo sviluppo sostenibile, garantire a tutti il diritto a un equo processo e realizzare istituzioni inclusive, responsabili ed efficaci che operino a tutti i livelli
  • Sostenibilità: potenziare gli strumenti di attuazione e rinnovare il partenariato mondiale per lo sviluppo sostenibile

Qui sotto, nello schema, potete vedere i 17 obiettivi con i relativi simboli:

A questo punto è chiaro che tutti i Paesi sono chiamati a contribuire allo sforzo di portare il mondo su un sentiero sostenibile: dovrebbe essere abolita la differenziazione tra Paesi Sviluppati e non, anche se ovviamente è una strada tutta in salita. Ogni Paese deve impegnarsi a definire una propria strategia di sviluppo sostenibile . A favorire, ad esempio, un’economia circolare che preveda il riciclo, il riuso. A favorire l’inclusione, a ridurre le disuguaglianze. A far sì che le nostre città diventino più smart e più sostenibili. Dobbiamo provarci anche noi nel nostro piccolo, questo può fare la differenza. Noi siamo pronti. Voi?

Guido Frate

Cambiamento climatico e Agenda 2030, Sostenibilità

Il surriscaldamento globale

Perché la terra si sta surriscaldando? In quale misura l’uomo è responsabile? Vi invitiamo a visionare i nostri lavori, introducendovi alla riflessione con due domande molto interessanti:

«Quale pianeta lasceremo ai nostri figli?»
(Hans Jonas)


«A quali figli lasceremo questo pianeta?»
(Jaime Semprun)