Lentamente muore chi diventa schiavo della società, ripercorrendo ogni giorno gli stessi errori, chi non si distingue, chi non trova se stesso, chi non rischia di provare nuove esperienze, nuove emozioni, chi resta in silenzio rimanendo ignavo. Muore lentamente chi evita ogni forma d’amore, chi preferisce la solitudine alla convivenza, chi rimane indifferente, piuttosto che provare le vere emozioni, quelle che ti fanno sorridere il cuore, quelle che ti rimangono dentro davanti alla bellezza dei sentimenti.
Sofia Marini, Ricalco Linguistico di Lentamente muore, Officine linguistiche
Considero valore ogni gesto inatteso, un fiocco di neve che cade gentile, una lacrima che diventa un sorriso. Considero valore il sole di mezzogiorno, che ogni si trasforma in albe delicate e in tramonti infuocati. Considero valore ogni piccola stella che illumina la sera e che s’illumina, ogni sera. Considero valore una risata, un amore duraturo, tutte le delusioni della vita: incomincio ad affrontarle crescendo, non è facile ma le considero valore. Considero valore un viaggio che stravolge la vita, ma anche un semplice soffio di vento che sposta i capelli dal viso. Considero valore la sensazione che si prova quando si vuole bene a qualcuno. Considero il più grande valore volere bene a qualcuno.
Veronica Pappalardo, Esercizio di Ricalco linguistico su Considero Valore di Erri De Luca
Considero valore tutte le lacrime versate. Considero valore la freddezza del cuore quando devi proteggerti e il suo calore, quando puoi fidarti. Considero valore l’ipotesi di non credere che l’amore esista per sempre, ma credere che comunque esista. Considero valore il sole, l’arcobaleno dopo una tempesta anche se per terra è bagnato, proprio perché per terra è bagnato. Considero valore mettere un cerotto su una ferita, ma anche non metterlo. Considero valore ricevere un regalo, la nostra galassia e le altre. Considero valore bere un tè caldo insieme alla mia famiglia anche se fuori c’è il sole. Considero valore sapere che esistono valori da considerare.
Francesca Cimini, Esercizio di Ricalco linguistico su Considero Valore di Erri De Luca
Considero amore tutte le parole che non ti ho detto, tutte le poesie che non ti ho non scritto, se non dentro al mio cuore. Considero amore anche i piccoli gesti, anche se rari. Considero amore litigare con qualcuno sapendo che tornerà la pace. Considero amore scrivere una lettera a qualcuno anche se non ricambiato. Considero amore passare la giornata insieme al mio cane, l’aiuto di un professore quando si è in difficoltà. Considero amore l’amore nascosto tra queste righe, vedere il sole che sorge dal mare per me è considerato amore.
Francesca Cimini, Savana Perrotta, Sara Amicucci – Esercizio di Ricalco linguistico su Considero Valore di Erri De Luca
La parola “tulipano” viene dal turco “tulbend”, che significa “turbante”. E infatti rimanda al copricapo che si usa nelle zone medio orientali del mondo. Questo non è un caso, perché i bulbi di tulipano arrivarono in Europa dalla Persia nel 1554. Si diffusero in particolare in Olanda e ancora oggi i tulipani sono un vero e proprio simbolo dei Paesi Bassi. il 1 maggio in Olanda c’è proprio la festa dedicata a questo fiore.
I tulipani però erano però, inizialmente, molto costosi e per questo erano considerati un bene di lusso quasi come i diamanti. Nel Seicento, i bulbi dei tulipani, per quanto erano ritenuti preziosi, potevano anche essere scambiati con terreni e bestiame. Con il passare degli anni venne aumentata la produzione e si favorirono anche degli innesti, si fecero tante sperimentazioni che consentirono di produrre fiori di molti colori, tutti diversi e nuovi. I più richiesti erano quelli striati che si ottenevano iniettando nel bulbo un virus, pensate un po’. Finalmente questo bel fiore stava pian piano diventando accessibile a tutti. Oggi in Olanda ci sono tantissime zone in cui possiamo incontrare grandi coltivazioni di tulipani, da visitare a piedi o in bicicletta, come fanno i locali.
Ma nel linguaggio dei fiori, cosa rappresenta il tulipano? Ho letto che alla donna amata si usa regalare la rosa in diverse zone del mondo, ma non tutti sanno che è invece il tulipano il simbolo dell’amore oltre la morte. Se la rosa è l’amore terreno, il tulipano rappresenta una dimensione più alta: quella dei sentimenti più nobili, dell’amore che tende all’infinito. Al riguardo, esistono alcune leggende, la più famosa è iraniana, e racconta la morte di Shirin, una bellissima giovane innamorata di Farhad, partito in cerca di fortuna che però non tornò mai più. Disperata, la fanciulla si mise alla ricerca dell’amato fino a quando, in preda allo sconforto più totale, cadde su alcune pietre aguzze e si fece male, così tanto che morì, in un mare di lacrime e di sangue. Proprio da quel sangue, in quel luogo, nacquero i primi tulipani. Rossi, ovviamente, perché rosso è il colore del sangue ma anche della passione e dell’amore.
Mi piace molto studiare la geografia anche attraverso simboli e tradizioni dei Paesi. Questa dei tulipani è stata una bella scoperta.
Il solstizio d’estate per molti è il momento più bello dell’anno. In tutto il mondo si festeggia il ritorno della luce, dell’estate, delle giornate lunghissime, dei fiori, del sole.
Vedremo come il solstizio è festeggiato in diversi posto del Mondo. Cominciamo con la Finlandia. Juhannus è la tradizionale festa nazionale finlandese per celebrare il giorno più lungo dell’anno. Poiché segna l’inizio della stagione estiva, molti finlandesi vanno in vacanza simbolicamente proprio quel giorno o se non possono partire fanno piccole gite giornaliere. La fine di giugno è un periodo pieno di eventi, soprattutto perché qui il buio ormai scomparirà per tutta la stagione e si vedranno sempre più spesso i meravigliosi fenomeni del sole di mezzanotte.
Nelle regioni settentrionali della Lapponia Finlandese il Sole resta sopra l’orizzonte per più di 70 giorni consecutivi, sotto il Circolo polare, invece, tramonta ma solo per pochissimo tempo durante la notte e cmq non si può dire che diventi buio davvero.
Le tradizioni principali del solstizio d’estate sono legate ad alcuni elementi principali: sauna e bagno nelle acque pure finlandesi, fiori e fuochi accesi.
Fare la sauna e poi il bagno è simbolo di rigenerazioni in tutte le culture nordiche, oltre ad essere una importante pratica di benessere, soprattutto per la circolazione. Secondo una credenza popolare, poi, se una giovane ragazza ripone sette fiori appena colti sotto il suo guanciale prima di addormentarsi il giorno del solstizio d’estate, riuscirà a sognare il suo futuro fidanzato. E infine i falò, cioè i kokko. Di solito si accendono il giorno di San Giovanni (Juhannus appunto) per il solstizio d’estate, in zone controllate e sicure per bruciare gli spiriti maligni e purificare l’atmosfera. Nei tempi passati il solstizio d’estate era considerato un momento magico, di passaggio, con varie tradizioni legate alla fertilità, all’abbondanza e all’amore. Non a caso molti matrimoni sono organizzati proprio in questo periodo, complici le temperature più favorevoli.
“uhannus è un momento di transizione fra due mondi, quello del buio e quello della luce e infatti, per attirare la buona sorte luminosa e gli spiriti amici i finlandesi amano divertirsi facendo rumore e bevendo molto,brindando alla vita che con l’estate torna a esplodere.
“A proposito di felicità…cercatela tutti i giorni continuamente, anzi chiunque mi ascolti ora si metta in cerca della felicità, ora, in questo momento, perché è lì! Ce l’avete, ce l’abbiamo! Guardate in tutti i ripostigli, gli scaffali, gli scomparti della vostra anima, buttate tutto all’aria, i cassetti, i comodini che avete dentro, vedrete che esce fuori”. Queste sono le parole di Benigni, che ci ricorda che, anche in un momento difficile come questo, la felicità non è assenza di problemi, non è solo ricchezza e fortuna, non si identifica nei beni materiali ma in quelli interiori e, come diceva Socrate, “la felicità è da cercare dentro di noi”. E dunque, dove si trova la felicità? Perché a volte è difficile da scovare? La felicità si trova in un sorriso, in un abbraccio, in un viaggio, in una giornata passata in compagnia della tua migliore amica, nella famiglia, in un amore, in un cielo stellato, nel ricevere un complimento, nei piccoli gesti quotidiani.
Ma soprattutto io credo di aver capito una cosa importante: si è felici quando si dona, quando ci si dona. Quando me lo dicevano non ci credevo, ho dovuto sperimentarlo su di me. Ed è tutto vero! Donare è più bello che ricevere, perché dai felicità a qualcuno e quindi, come in uno specchio, quella felicità ti torna indietro di riflesso, ma più grande, più intensa, più profonda. E si è felici quando si ama, si comprendono le ragioni di qualcun altro, quando si impara a tollerare e si agisce coscientemente. Oggi, purtroppo, sembra che molti hanno dimenticato i valori che dovrebbero invece aiutare a vivere. Si agisce spinti dai bisogni materiali. Chissà come si può invertire questa rotta, sarebbe così bello. Gli Illuministi hanno fatto del diritto degli uomini a essere felici uno dei punti chiave del loro movimento. E le loro idee sono servite per Rivoluzioni incredibili, come quella americana e quella francese.Perché non ne siamo più capaci?
La felicità, poi, è anche un qualcosa che è dobbiamo essere capaci di cogliere nel presente, e insieme nel passato e nel futuro: è un concetto che si scopre e riscopre col tempo e che non si limita semplicemente al sorriso o al buon umore, dato che secondo me, anche le esperienze negative fanno parte in qualche modo di questo concetto di felicità: pur essendo cose tristi sul momento, col passare del tempo si trasformeranno in eventi da ricordare e da raccontare. E da cui imparare. E migliorare. E crescere.
Ma la cosa importante è saper godere della felicità ogni giorno, riconoscerla in mezzo alle mille cose delle nostre giornate, perché c’è il rischio che qualcuno la scambi per la mitica pentola d’oro degli gnomi alla fine dell’ arcobaleno: ci sono persone che passano la vita a cercare di trovarla per poi accorgersi, ormai troppo tardi, che la vita è passata.
“Non importa quanto si vive, ma con quanta luce dentro”.
Un messaggio bellissimo quello che ho tratto da questo libro. Un testo che mi ha scavata dentro. Il mercante di luce è uno di quei libri emozionanti ed intriganti, da leggere tutto d’ un fiato. Narra fatti, favole, storie e poesie in solo una centinaia di pagine e racconta la storia di un ragazzo, Marco, e di suo padre, insegnante e appassionato di greco, Quondam. I due, insieme, si trovano a vivere tante emozioni diverse. Quondam divorzia con Miranda spiegando tutto in una lettera ed è in crisi per la malattia del figlio. Leggendo questo libro si percepisce un grande e profondo senso nelle parole e nella vita, anche quando sembra tutto perduto. Marco purtroppo soffre di progeria, una malattia genetica dovuta alla mutazione di un gene del DNA e questo purtroppo è indice di una vita molto breve. Ma l’aspetto peggiore è che Marco lo sa, la progeria non coinvolge le cellule celebrali, quindi, per tutti i suoi diciassette anni di vita sarà curioso, emotivo, consapevole, brillante ed intelligente. Quondam nonostante il dolore vuole dare a suo figlio la sua parte migliore, la cultura, e quindi nella brevissima vita di Marco, Stefano cerca di fargli vivere tutto il tempo di un’esistenza normale, raccontandogli di poeti ed eroi greci, cercando di sorpassare la paura con la forza della bellezza. Durante il racconto emergono moltissimi personaggi, tanti oggetti (come il taccuino di Marco e il pallone da calcio), mille storie greche, eventi significativi e un vortice di emozioni che partono dalla rabbia e dalla tristezza fino ad arrivare alla gioia e all’amore, il sentimento più complesso di tutti. Amore in senso lato.
“L’amore è ossessione; non designa un termine, non disegna un futuro, non esiste un progetto, un “faremo”, un “saremo”, e non esistono perché. Questa passione brilla di una luce così intensa , così insopportabile alla vista che non può durare più di un attimo, poi è solo il buio dell’attesa nella speranza di un altro evento simile…(pag 85)”
Il vero protagonista del romanzo è proprio lui: l’Amore- L’amore per la letteratura greca, l’amore per Miranda –che resta amore anche se finisce, perché in fondo l’amore si trasforma ma non finisce mai-. O, ancora, l’amore di Marco per il calcio, l’amore di Quondam per il figlio e viceversa. Insomma, alla fine mi sono accorta che senza questo sentimento non sarebbe successo niente, che forse le nostre vite le muove l’amore. E che l’amore va oltre i confini, come le geostorie che qui raccontiamo, perché è fortissimo, perché non lo puoi chiudere in una stanza. E mi sono accorta che è l’amore a generare luce.
Marco è allora il mercante di luce perché è riuscito a insegnare a suo padre che esiste un senso che va oltre le apparenze, che è proprio dell’anima, degli uomini nobili. E che quel senso va cercato, alla fine dei giochi. C’è chi rischia di non trovarlo. Quondam lo trova grazie al figlio. Qualcuno forse l’amore ce lo deve spiegare. Con i fatti, però. Così da poterlo insegnare e trasmettere a nostra volta. E così Quondam, dopo un mese dalla morte del figlio, torna a lavorare: pur mantenendo dentro di sé il vuoto più grande del mondo, negli occhi, nella mente e nel cuore porterà per sempre “la luce” di Marco.
Carlo Levi diceva che le parole sono pietre e noi siamo d’accordo, ci sembra sia giusto sceglierle con cura e attenzione, quando scriviamo è vero, ma anche semplicemente quando ci rivolgiamo a qualcuno. Di seguito abbiamo selezionato alcune parole che ricorrono spesso nel mondo di oggi. Alcune ci piacciono molto, altre per niente. Le definizioni sono nostre, così come le riflessioni, rielaborate dopo la ricerca su dizionari vari, cartacei e online, e dopo dibattiti vari in classe in diverse occasioni. Invitiamo anche voi a selezionare con cura le parole da scegliere quando interagite con qualcuno, è anche questa una forma di rispetto verso gli altri, non trovate?
Questa è una rubrica in continuo aggiornamento, aggiungeremo nuovi termini se ne troveremo di interessanti. Stay tuned!
LE PAROLE DELL’INCLUSIONE
Inclusione: l’inclusione, in matematica, è la relazione fra due insiemi che si verifica quando ogni elemento di uno fa parte dell’altro. Se dalla matematica trasportiamo questo concetto nella società, ci rendiamo conto che includere è un’azione che facciamo (o non facciamo) più o meno consapevolmente ogni giorno, a scuola o fuori. L’inclusione dovrebbe garantire l’inserimento reale di qualcuno all’interno di un gruppo, dal semplice gruppo classe all’intera società. Qualcosa di molto simile all’integrazione, ma non di perfettamente uguale: analizziamo la sfumatura di significato tra le due parole. Ci siamo fatti aiutare dal Devoto-Oli. Includere vuol dire “inserire, mettere dentro”, mentre integrare vuol dire “rendere completo dal punto di vista sia quantitativo che qualitativo”. Allora il termine integrazione indica l’insieme di processi che rendono un’individuo membro di una società. Ci piacciono entrambe queste due parole.
Empatia: che bella l’empatia! Significa sapersi mettere nei panni e nell’anima di un altro. Significa saper sentire la gioia e il dolore di un nostro amico o di un altro essere umano come se fossimo noi a provare quella gioia o quel dolore. Sul podio delle nostre parole preferite!
Condivisione: to share, condividere. Se fosse vero sarebbe bellissimo: è il verbo del momento. Eppure, il problema è che oggi sembra che si condivida solo per mettersi in mostra, per far vedere quel che si fa, dove si va. Noi amiamo i social, il nostro blog ne è un esempio, ma ci piace anche la moderazione. E ci piace condividere realmente le emozioni con i nostri amici, la nostra famiglia, le persone della nostra vita. La nostra prof ci dice sempre che la felicità è reale solo se è condivisa, e noi pure lo pensiamo. Però condivisa veramente, attraverso le ore trascorse insieme, attraverso le risate, le riflessioni, lo studio. Ricominciamo a condividere davvero.
Gentilezza: che fa rima con bellezza. E allora, se diciamo che la gentilezza salverà il mondo e che riporterà la bellezza dove manca, stiamo esagerando secondo voi? Noi non crediamo affatto di esagerare. Facciamo una prova: sorridiamo di più, rispondiamo in maniera delicata e senza arrabbiarci, facciamo più spesso una carezza. Sarà la nostra piccola rivoluzione. Vediamo gli effetti: noi ci scommettiamo, sarà un delirio di bellezza.
Imparare: anche questa parola la amiamo molto. Si lega alla nostra curiosità, alla nostra voglia di scoprire il mondo in maniera diretta, facendo esperienze. Se non impariamo nulla non c’è evoluzione. E noi vogliamo essere uomini e donne evoluti, uomini e donne che sanno stare nel mondo e lo conoscono. Per questo abbiamo capito che studiare è importante, anche se faticoso tante volte. Una fatica oggi però, vale un uomo o una donna libera di domani. E allora….apriamo il libro, dai!
LE PAROLE DELLA DIVERSITA’
Discriminazione: parola che fa un po’ male. Discriminare vuol dire differenziare, classificare in senso negativo, spesso dispregiativo. Diciamo che è una parola troppo usata e pure troppo messa in pratica, ma va contro la nostra voglia di inclusione. Secondo noi discriminando ci perdiamo tante opportunità di crescita, di conoscenza e di arricchimento.
Violenza: che sia violenza su una donna o che sia violenza di un bullo su uno studente, per noi non fa differenza. La violenza va condannata in ogni sua forma, qui siamo categorici e tutti d’accordo. Wikipedia dice così: “con il termine violenza si intende un atto volontario, esercitato da un soggetto su un altro, in modo da determinarlo ad agire contro la sua volontà. Etimologicamente: che vìola, ciò che oltrepassa il limite della volontà altrui”. Ci sembra importantissimo il concetto di limite (trattato da diversi punti di vista qui sul sito), di violazione della volontà e del rispetto di un altro essere umano. La persona violenta è infatti una persona insicura, debole, che ha bisogno di avere costantemente attenzioni solo per lui e che non vede l’altro, non si cura degli altri esseri umani. In altri dizionari abbiamo trovato la definizione di violenza legata a una “forza impetuosa e incontrollata”: benissimo, vero, ma tutto quel che è fuori controllo dovrebbe farci riflettere. E a proposito di forza impetuosa, sicuramente la più forte è l’amore. Ed è l’unica, fidatevi, che può combattere la violenza.
In occasione della giornata della poesia, la prof ci ha distribuito dei segnalibri con su stampata una poesia, un regalo per noi e un’occasione per riflettere.
Questa poesia, Prima di tutto l’Uomo, di Nazim Hikmet, è un inno all’amore, amore per l’ambiente e la natura, ma soprattutto amore per l’essere umano. L’autore dedica al figlio queste parole, come messaggio importante da lasciargli e trasmettergli, come un tesoro prezioso da custodire, come una specie di ricetta per la felicità. Noi abbiamo commentato e analizzato la poesia in classe e abbiamo espresso le nostre riflessioni sia oralmente sia in maniera scritta.
Scorrendo la galleria potrete leggere alcuni dei nostri lavori; l’immagine di copertina è una foto di Alessia Raimondi.