La Linea Gustav divideva in due la penisola italiana e fu voluta da Hitler durante la campagna d’Italia nella Seconda Guerra Mondiale. La sua funzione era quella di ritardare l’avanzata degli Alleati. Andiamo a vedere i luoghi toccati dalla linea: quanto Abruzzo nella Seconda Guerra Mondiale. Ci avevate mai pensato?
Potete trovare di seguito il nostro lavoro sulla Linea Gustav.
Quelli di frontiera e di confine due concetti tanto simili quanto lontani tra loro. Molto spesso questi termini vengono usati come sinonimi anche se non lo sono. Infatti per confine (cum-finis) si intende un limite, una separazione -per esempio tra Stati che si susseguono-. Basti pensare che gli Egiziani introdussero le prime forme di argimensura (misura planimetrica delle superfici agrarie) per delimitare i confini dei campi. Inoltre i confini sono i limiti di uno Stato stabiliti secondo accordi comuni a livello internazionale. Ci piace fare una distinzione bellissima tra confine reale e confine immaginario: il primo è riconducibile ad elementi naturali, per esempio all’orografia (le Alpi, nel caso dell’Italia) , all’idrografia (Mediterraneo, sempre in riferimento al caso italiano), mentre il confine immaginario ci catapulta verso un concetto molto più ampio ed impegnativo in quanto indica proprio un limite a livello etico-morale e mentale . Per esempio il razzismo. O, ancora, la diversità: chi decide cosa è diverso e da cosa? Chi stabilisce il limite di normalità? Concetti difficili. Ancora di più se pensiamo che il confine immaginario veniva (e in certi posti viene tutt’ora usato) come strumento per dominare il nostro pensiero controllandoci e non facendoci rendere conto dei fatti e della realtà attorno a noi.
Ben diverso è il significato di frontiera che, a seconda dei luoghi e dei tempi, assume un valore differente. La Treccani definisce così la frontiera: “per f. si intende una linea di confine, ufficialmente delimitata e riconosciuta fra due organismi politici e dotata talvolta di opportuni sistemi difensivi”. Un concetto politico, che però, a differenza de confine, racchiude nella sua etimologia l’idea di essere di fronte a qualcosa o qualcuno. Il fronte, come in gergo militare, è quindi il luogo dove forze contrapposte si scontrano.
Come ben sappiamo, però, le frontiere sono fatte anche per essere superate. Oggi come oggi, le frontiere non sono più intese solo come territorio di conflitto o cintese in genere. Sebbene esse sono la necessaria distinzione fra noi e gli altri, per esempio, o fra lo spazio fisico e quello interiore, le frontiere sono al contempo una serie infinita di domande : su noi stessi e su ciò che ci definisce. Anche perché se ci si contrappone ci si guarda allo stesso tempo negli occhi: sta a noi decidere se accogliere e ricambiare uno sguardo o se respingerlo.
Noi ci abbiamo riflettuto su tutto questo e troverete diversi articoli al riguardo. Buona lettura.
Il Mar Mediterraneo è un mare per noi importantissimo e ricco di suggestioni, che bagna Asia, Africa ed Europa, ed è stato da sempre un importantissimo crocevia di scambi (commerciali certamente, ma anche culturali) essendo via di comunicazione fondamentale, ma anche culla di grandissime civiltà, come quella romana, greca ed egizia. Ma che cos’è il Mediterraneo? Tante, tantissime cose insieme. Non un mare solo, ma tanti mari che si susseguono. Non un unico paesaggio, ma mille paesaggi diversi e vari a seconda dei versanti. Insomma, un’entità multiforme.
Mediterraneo significa “in mezzo alle terre”, infatti solo in alcuni punti comunica con altri mari e cioè: lo stretto di Gibilterra lo collega con l’Oceano Atlantico, lo stretto del Bosforo e quello dei Dardanelli lo collegano con il mar Nero e per finire abbiamo il canale artificiale di Suez che lo collega con il Mar Rosso, e quindi direttamente con l’Oceano Indiano. Il Mediterraneo fu denominato dai romani Mare Nostrum (fu addirittura Giulio Cesare a parlare di Mare Nostrum nel suo De Bello Gallico), quasi ad indicare una sorta di diritto di proprietà del mare stesso, una prerogativa che ancora oggi noi italiani sentiamo nostra, infatti quando si parla della nostra cultura o della cucina si usa definirle mediterranee, proprio perché è nato in noi un senso di appartenenza e di riconoscenza, una sorta di identità mediterranea. Sarebbe bellissimo se in questo mare potessimo fare solo nuotate rilassanti, viaggi in barca e crociere esplorative. Ci piacerebbe un mare pulito poi, libero dall’inquinamento, dove potersi bagnare in estate e fermarci ad ammirarlo in inverno, un mare per meditare e rilassarsi, per avvicinarsi alle culture che lo contornano, ai popoli che lo abitano e lo vivono ogni giorno. Oggi purtroppo questo meravigliosa distesa di acqua azzurra, questo sterminato patrimonio di Storia e di storie (anzi, di geostorie, come suggerisce il nome del nostro sito, cioè di storie che si legano fortemente al territori da cui provengono), ha iniziato a rappresentare discriminazione, razzismo e morte. Oggi siamo abituati ad associare il Mediterraeo ai barconi, alle migrazioni. A casusa dei flussi migratori che avvengono a causa di guerre, conflitti e dittature, purtroppo, nell’immaginario di oggi questo mare non sembra essere più un luogo di apertura ma un luogo chiuso, un luogo di morte.
C’è chi lo ha chiamato cimitero e anche se il termine è molto forte in effetti rende bene l’idea, visti i tantissimi uomini che in queste acque trovano la morte, invece che la nuova vita che si aspettano. Il mare dovrebbe collegare, mettere in comunicazione e non dividere; essere un luogo di vita e di vitalità e non di morte e tragedie tristi. E ancora: è un confine, questo mare, o è una frontiera? È uno spazio di tutti, e quindi un confine naturale e neutro, oppure è una frontiera intesa come limite? Perché se questo mare di incontri è diventato una barriera forse non è una bella cosa, perché una frontiera presuppone qualcuno che si fronteggia, da una parte e dall’altra. E se qualcuno si fronteggia c’è uno scontro. Ci piacerebbe che il Mediterraneo tornasse a essere sfondo di storie positive.
Abbiamo letto Storia del Mediterraneo in 20 oggetti, di Alessandro Vanoli e Amedeo Feniello, che ci ha fatto molto riflettere su come sia cambiato questo mare e sull’importanza delle storie positive, anzi delle geostorie positive, legate agli oggetti e alle persone. Qui la recensione al libro, qui aggiungeremo l’intervista ad Alessandro Vanoli, che avremo l’onore di avere ospite nella nostra scuola.
Abbiamo letto anche Nel mare ci sono i coccodrilli di Fabio Geda, sempre legato al Mediterraneo. Qui trovate l’intervista all’autore, mentre Qui trovate la nostra recensione.