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Tra farfalle e costrizioni: l’importanza di essere liberi

Libertà: una parola di sette lettere che racchiude in sé un mondo, guerre e sacrifici umani di persone che hanno perso la loro vita per conquistarla. Mio padre afferma spesso che la libertà di ognuno finisce quando inizia quella di un altro; ciò significa che non vuol dire “poter fare tutto quello che vogliamo” ma agire nel rispetto delle altre persone.

La libertà è un diritto che è regolato anche nella Costituzione. Abbiamo studiato, tra le molte cose, che l’ONU (Organizzazione delle Nazioni Unite) è un garante di questo diritto: nessuno potrà essere tenuto in schiavitù né in servitù; la schiavitù e la tratta degli schiavi sono proibiti in tutte le loro forme. O ancora, passando alla letteratura, Ferdinando Pessoa afferma che chi non apprezza la libertà non ha mai conosciuto la costrizione. Condivido pienamente questo pensiero perché solamente quando si subisce o si vive una mancata libertà -che sia di pensiero, di parola, di espressione, di movimento- quindi quando ci viene tolto o soppresso questo diritto, possiamo apprezzarne davvero il valore.
Sempre mio padre, ricordando le parole di Don Luigi Sturzo, mi fa notare che la libertà è come l’aria, se è viziata, si soffre, se è insufficiente, si soffoca e se manca, si muore.
Altro esempio che sento spesso citare è dato dal paragonare la libertà che un genitore può dare ai propri figli a una farfalla: se si mantiene la farfalla chiusa senza farla volare, anche se guidati da uno spirito di protezione, non imparerà mai nulla; se la si libera completamente, la si espone a dei pericoli. Ma non si può non farlo e forse la via di mezzo, dell’equilibrio, è sempre la più giusta.

La storia ci insegna come questo diritto sia stato conquistato con le guerre, con il sangue, ma ci racconta anche di come, in un attimo, a molti uomini è stato negato, totalmente o parzialmente. Possiamo anche dire che sicuramente questi uomini avranno desiderato la
libertà più di ogni altra cosa, invece la generazione di oggi si sofferma poco a riflettere
sull’importanza di questa conquista e sulla sua grandezza. Un tema attuale della limitazione della libertà è rappresentato dalla pandemia: essa ci vede costretti a ridurre i nostri movimenti, le passeggiate, gli abbracci, gli affetti e il nostro stare insieme, anche se per fortuna tutto ciò è solo transitorio e per un fine comune di salvaguardia di un diritto altrettanto importante e fondamentale, il diritto alla salute.

Questa pandemia inoltre ci ha consentito di valutare ancora meglio la differenza tra i sistemi democratici e quelli dittatoriali; quindi anche la libertà che questi sistemi
concedono al popolo. Molti ritengono che il coronavirus abbia limitato la libertà delle persone; per questo ci sono state anche manifestazioni contro il governo che -se pur comprensibili da un lato, perché dettate dall’esasperazione- non credo siano condivisibili, o almeno non per me, perché senza queste misure restrittive ci sarebbero stati molti più contagi e più vittime. Quindi la limitazione della libertà che ognuno di noi ha subito e più o meno ha rispettato, ha contribuito a salvare molte vite umane.
Questi eventi attuali, così come quelli che studiamo sui libri di storia, ci devono far riflettere sull’importanza della libertà: essa va conquistata, poi mantenuta nel tempo e meritata, sempre nel rispetto di quella altrui.

Articolo di Irene Buzzelli


Articoli Recenti, Diritto e Costituzione: tra libertà e senso civico

Articolo 11

In questa rubrica dedicata alla nostra bellissima Costituzione Italiana analizzeremo e commenteremo gli articoli che più ci hanno colpito. La Costituzione della Repubblica Italiana è la Legge fondamentale dello Stato ed è stata approvata dall’Assemblea Costituente a dicembre del 1947 ed entrata in vigore il 1º gennaio del 1948. Gli articoli in totale sono 139 e ci sono poi anche 18 disposizioni transitorie e finali. Mi piace iniziare con l’art.11, perché parla di guerra, tema sempre purtroppo attuale. Vediamo cosa dice e in che modo l’Italia si pone di fronte a questo argomento:

“L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo”

Cosa significa?

L’Italia con questo articolo ripudia la guerra in quanto strumento di limitazione alla libertà degli altri popoli. Non possiamo non soffermarci proprio sul termine “ripudio”. Vuol dire che l’Italia in qualche modo non ha diritto di utilizzare la guerra per i motivi suddetti e nemmeno per risolvere le controversie tra i vari Paesi, in quanto si dichiara contraria ad ogni forma di intolleranza e all’uso della violenza, secondo obblighi assunti a livello internazionale. Infatti, piuttosto che all’utilizzo delle armi si dovrebbe fare ricorso alle discussioni democratiche, ad accordi che promuovano la pace perché questa venga praticata, attuata, semplicemente. La pace non può restare un concetto astratto.

Inoltre, l’Italia favorisce le Organizzazioni Internazionali come l’ONU che hanno il nobile obiettivo di garantire e assicurare la giustizia e la sicurezza di tutti. Di garantire la Pace, appunto. E non a caso spesso queste organizzazioni nascono dopo le guerre, dopo le sofferenze sperimentate dai popoli in guerra.

foto tratta da @controlaguerra.blogspot.it

Questo articolo ricorda che l’Italia ripudia la guerra in tutte le sue forme, riferendosi però principalmente alla guerra offensiva, mentre in caso di guerra difensiva, in caso di attacco militare da parte di un paese straniero quindi, si fa riferimento anche agli articoli 78 e 87: le Camere possono deliberare lo stato di guerra e poi la dichiarazione spetterebbe al Presidente della Repubblica.

Ci auguriamo davvero, con il buon senso che ci deriva dall’essere umani, ma anche dallo studio e della conoscenza della Storia, di poter smettere prima o poi di parlare di guerra.


Articolo di Endrit Bibaj