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Parole, Rubriche

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Carlo Levi diceva che le parole sono pietre e noi siamo d’accordo, ci sembra sia giusto sceglierle con cura e attenzione, quando scriviamo è vero, ma anche semplicemente quando ci rivolgiamo a qualcuno. Di seguito abbiamo selezionato alcune parole che ricorrono spesso nel mondo di oggi. Alcune ci piacciono molto, altre per niente. Le definizioni sono nostre, così come le riflessioni, rielaborate dopo la ricerca su dizionari vari, cartacei e online, e dopo dibattiti vari in classe in diverse occasioni.
Invitiamo anche voi a selezionare con cura le parole da scegliere quando interagite con qualcuno, è anche questa una forma di rispetto verso gli altri, non trovate?

Questa è una rubrica in continuo aggiornamento, aggiungeremo nuovi termini se ne troveremo di interessanti. Stay tuned!

LE PAROLE DELL’INCLUSIONE

Inclusione: l’inclusione, in matematica, è la relazione fra due insiemi che si verifica quando ogni elemento di uno fa parte dell’altro. Se dalla matematica trasportiamo questo concetto nella società, ci rendiamo conto che includere è un’azione che facciamo (o non facciamo) più o meno consapevolmente ogni giorno, a scuola o fuori. L’inclusione dovrebbe garantire l’inserimento reale di qualcuno all’interno di un gruppo, dal semplice gruppo classe all’intera società. Qualcosa di molto simile all’integrazione, ma non di perfettamente uguale: analizziamo la sfumatura di significato tra le due parole. Ci siamo fatti aiutare dal Devoto-Oli. Includere vuol dire “inserire, mettere dentro”, mentre integrare vuol dire “rendere completo dal punto di vista sia quantitativo che qualitativo”. Allora il termine integrazione indica l’insieme di processi che rendono un’individuo membro di una società. Ci piacciono entrambe queste due parole.

Empatia: che bella l’empatia! Significa sapersi mettere nei panni e nell’anima di un altro. Significa saper sentire la gioia e il dolore di un nostro amico o di un altro essere umano come se fossimo noi a provare quella gioia o quel dolore. Sul podio delle nostre parole preferite!

Condivisione: to share, condividere. Se fosse vero sarebbe bellissimo: è il verbo del momento. Eppure, il problema è che oggi sembra che si condivida solo per mettersi in mostra, per far vedere quel che si fa, dove si va. Noi amiamo i social, il nostro blog ne è un esempio, ma ci piace anche la moderazione. E ci piace condividere realmente le emozioni con i nostri amici, la nostra famiglia, le persone della nostra vita. La nostra prof ci dice sempre che la felicità è reale solo se è condivisa, e noi pure lo pensiamo. Però condivisa veramente, attraverso le ore trascorse insieme, attraverso le risate, le riflessioni, lo studio. Ricominciamo a condividere davvero.

Gentilezza: che fa rima con bellezza. E allora, se diciamo che la gentilezza salverà il mondo e che riporterà la bellezza dove manca, stiamo esagerando secondo voi? Noi non crediamo affatto di esagerare. Facciamo una prova: sorridiamo di più, rispondiamo in maniera delicata e senza arrabbiarci, facciamo più spesso una carezza. Sarà la nostra piccola rivoluzione. Vediamo gli effetti: noi ci scommettiamo, sarà un delirio di bellezza.

Imparare: anche questa parola la amiamo molto. Si lega alla nostra curiosità, alla nostra voglia di scoprire il mondo in maniera diretta, facendo esperienze. Se non impariamo nulla non c’è evoluzione. E noi vogliamo essere uomini e donne evoluti, uomini e donne che sanno stare nel mondo e lo conoscono. Per questo abbiamo capito che studiare è importante, anche se faticoso tante volte. Una fatica oggi però, vale un uomo o una donna libera di domani. E allora….apriamo il libro, dai!

LE PAROLE DELLA DIVERSITA’

Discriminazione: parola che fa un po’ male. Discriminare vuol dire differenziare, classificare in senso negativo, spesso dispregiativo. Diciamo che è una parola troppo usata e pure troppo messa in pratica, ma va contro la nostra voglia di inclusione. Secondo noi discriminando ci perdiamo tante opportunità di crescita, di conoscenza e di arricchimento.

Violenza: che sia violenza su una donna o che sia violenza di un bullo su uno studente, per noi non fa differenza. La violenza va condannata in ogni sua forma, qui siamo categorici e tutti d’accordo. Wikipedia dice così: “con il termine violenza si intende un atto volontario, esercitato da un soggetto su un altro, in modo da determinarlo ad agire contro la sua volontà. Etimologicamente: che vìola, ciò che oltrepassa il limite della volontà altrui”. Ci sembra importantissimo il concetto di limite (trattato da diversi punti di vista qui sul sito), di violazione della volontà e del rispetto di un altro essere umano. La persona violenta è infatti una persona insicura, debole, che ha bisogno di avere costantemente attenzioni solo per lui e che non vede l’altro, non si cura degli altri esseri umani. In altri dizionari abbiamo trovato la definizione di violenza legata a una “forza impetuosa e incontrollata”: benissimo, vero, ma tutto quel che è fuori controllo dovrebbe farci riflettere. E a proposito di forza impetuosa, sicuramente la più forte è l’amore. Ed è l’unica, fidatevi, che può combattere la violenza.

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IL DIRITTO DI CONTARE

Regia: Theodore Melfi

Genere: biografico, drammatico, storico

Ambientazione: America, anni Sessanta

“Il diritto di contare” racconta la storia vera di tre donne fantastiche, che mi ha davvero colpita moltissimo. Tre donne che rivendicano il diritto di contare, contare matematicamente e contare in quanto entità civili e sociali. Si parla di emancipazione femminile, di razzismo, di numeri, di NASA e di conquista dello Spazio. Insomma un vero e proprio mix vincente.

Vediamo meglio: siamo nella Virginia segregazionista degli anni Sessanta in cui neri e bianchi vivono vite separate, dagli uffici ai bagni, dalle biblioteche agli autobus. Katherine Jonhson è scienziata e collaboratrice della NASA, molto in gamba e risluta, ma ha un problema: è donna ed è di colore, quindi deve affrontare problemi di sessismo e razzismo. La protagonista di questa storia, infatti, viene emarginata al punto da non poter frequentare gli stessi locali dei suoi compagni di lavoro e, anche per andare in bagno, incontra difficoltà notevoli: deve percorrere un chilometro di strada perché non le era permesso di utilizzare i bagni riservati esclusivamente ai bianchi. Il suo supervisore a lavoro non le riconosce nemmeno i meriti del lavoro effettuato e cerca in tutti i modi di sminuirla e farla sentire inferiore.  La donna però, fortissima e determinata, riesce comunque a superare i tanti ostacoli anche grazie al supportodi due amiche, come lei afro-americane, con cui lavora e con cui divide anche molto del suo tempo libero: l’aspirante ingegnere Mary Jackson, bellissima e frizzante, e la contabile Dorothy Vaughan, una spalla affidabile su cui poter sempre contare. Katherine alla fine del film fornirà un fondamentale aiuto alla sua squadra, che stava lavorando al lancio di un uomo in orbita e poi sulla Luna, riuscendo  a guadagnarsi il rispetto dei suoi colleghi. Grazie al talento di tre donne nere, la NASA ottiene un successo mondiale e di riscatto, dopo il lancio dei satelliti russi, e loro tre ottengono un successo personale: con il loro garbo e la loro gentilezza, unita alla conoscenza e alla preparazione, riescono a far valere i propri diritti.

Mi è piaciuto molto questo film e credo sia adatto al nostro sito e al nostro progetto sui confini e sulle frontiere, perché le protagoniste sono riuscite ad abbattere due confini radicati e difficili da sfondare: sia quello tra uomini e donne, particolarmente e tristemente noto anche oggi, seppure in certi ambiti in maniera ridotta, e sia quello tra “bianchi” e “neri”. Abbiamo studiato la segregazione razziale negli Stati Uniti D’America e altri argomenti in cui alcuni popoli sono stati sottomessi da altri, momenti tristi della storia mondiale in cui una moltitudine di individui è stata costretta a dover rinunciare alla propria dignità per uno sciocco complesso di superiorità da parte di alcune persone. Quelle persone che, sentendosi minacciate nei loro privilegi, hanno permesso ai loro peggiori istinti di prevalere sulla razionalità. Il film mi ha fatto riflettere su questo aspetto e mi ha anche fatto capire che la grande Storia si scrive, alla fine, con le piccole storie di ognuno di noi.