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La violenza nei Videogiochi

Spesso si dice che i “giovani d’oggi” sono svegli perché sanno usare i mezzi che la tecnologia mette a loro disposizione. La tecnologia è moderna, veloce, dinamica e aiuta le persone a svolgere in modo efficiente le loro attività. Vero. Ma rappresenta solo cose positive per noi? Spesso mi trovo ad interrogarmi sugli aspetti negativi della tecnologia e ne trovo diversi, sebbene moltissimi siano gli aspetti positivi.

Qualche tempo fa, ad esempio, ho visto una trasmissione in tv che parlava dell’aumento delle ore che i ragazzi della mia età passano a casa senza uscire e confrontarsi con i loro coetanei per immergersi in una realtà virtuale fatta spesso di giochi violenti. È proprio della violenza che voglio parlare, violenza legata alla tecnologia e ai videogiochi. Alcuni simulano la guerra (Apex, Fortnite), altri atti terroristici (GTA, Watch Dog) e altri ancora scene di ordinaria violenza, come per esempio quelli che riproducono furti o rapine, o fanno ironia su atti di bullismo e di torture. Insomma, la violenza si insinua sottile e subdola nel mondo dei videogiochi. E i ragazzi, provando divertimento in questo modo, è come se si estraniassero dalla realtà, non riuscendo più a provare empatia verso i loro simili nella vita reale.

Secondo me tutto ciò è preoccupante. A tutto questo si aggiunge spesso quello che vediamo e sentiamo al telegiornale, mi fa arrabbiare l’espressione giornalistica che rimanda a situazioni così terrificanti che “assomigliano ad un videogioco di pessima qualità”. Peccato che sia la realtà. Alla fine per molti ragazzi tutto questo finisce per sembrare normale e non si riesce più a distinguere la realtà dalla fantasia.

Un’altra cosa importante che ho scoperto è che oltre ai videogiochi violenti ci sono anche quelli estremi: ho fatto una piccola ricerca a riguardo e ho trovato un articolo che narrava la storia di un ragazzo che, pur di completare un gioco estremo, si è tolto la vita. Un quattordicenne. La prima ipotesi è stata quella del suicidio ma dopo che gli inquirenti hanno setacciato lo smartphone e il computer del ragazzo, si è scoperta la verità. Tutto questo è da brivido. A quanto pare è semplice spingersi troppo oltre con questi giochi violenti online. E poi tornare indietro è impossibile. Di esempi ce ne sono molto, ma parlarne mi rende triste, quindi basta un esempio per tutti. Io credo che la tecnologia sia qualcosa di molto utile, ormai anche indispensabile per certi versi, ma le persone non devono farsi dominare, sono gli uomini che devono governarla saggiamente. E poi, anche di non farsi trascinare nel vortice della violenza online, che è pur sempre violenza, anzi è violenza a tutti gli effetti. Ai ragazzi della mia età vorrei ricordare che è bello uscire e divertirsi con gli amici, o anche leggere un libro, ma soprattutto di non dimenticare che prima di tutto siamo esseri umani e non avatar senza sentimenti ed emozioni.

Ivana Gargano

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Overdose tecnologica?

La relazione uomo-macchina, uomo-tecnologia è oggetto di studi e ricerche sempre più frequenti. La tecnologia e il progresso finora non hanno soppiantato la cultura tradizionale del libro, per esempio, o della parola in contrapposizione con la chat, o di un abbraccio reale contro quello virtuale… in futuro chissà? Noi pensiamo che le due facce della moneta dovrebbero continuare a coesistere e che il vero discorso sensato da fare sia qualcosa legato al concetto di Aristotele di “giusto mezzo”. Dovremmo imparare a farne un discorso di buon senso e di “buon uso”, senza arrivare a dipendenze tecnologiche, come nel caso dei videogiochi, per esempio, o sostituire completamente l’uomo con la fredda macchina, come nel caso del mondo del lavoro.

Ci domandiamo se davvero, ed entro quanto tempo, computer e robot sostituiranno le persone nel mondo del lavoro. Succerà sul serio? È un’ipotesi visionaria? Leggiamo molti articoli che annunciano un impatto fortissimo della tecnologia sul mercato del lavoro. Pare che, con tutta probabilità, entro la metà del 2020 i computer scriveranno saggi scientifici ed entro il 2040 produrranno dei bestseller. Addirittura, il giornale inglese The Economist ha creato un programma di intelligenza artificiale al fine di fargli scrivere articoli di giornale e dopo questo esperimento ha dichiarato al mondo: “The machines are coming”, le macchine stanno arrivando. Come porci di fronte a tutto ciò? Torniamo a parlare di limiti e confini, che sembra essere un tema chiave dei nostri anni, di questo secolo, della nostra quotidianità.  Ben venga una facilitazione del lavoro, ben venga il progresso che migliora la qualità della vita, ma a discapito di cosa? Le macchine faranno diminuire i già precari posti di lavoro?

Ci ha colpito una frase: “L’unico limite al progresso tecnologico è la nostra fantasia” di Andrea Benedetti. Ed effettivamente sembra che sia così. E a noi piace moltissimo questa sfida, questo modo dinamico e insieme “sognatore” di vedere il mondo, ma se tutto ciò avviene a discapito del senso di umanità forse non è del tutto corretto e ci piace un po’ meno. Abbiamo letto di recente che in California, in un ospedale, un robot ha annunciato la morte prossima a un paziente. Abbiamo riflettuto su questo ed altri episodi e la nostra conclusione è: prima di tutto l’uomo. Perché non vogliamo arrivare all’overdose tecnologica, di cui un altro aspetto è senz’altro l’abuso dei videogiochi, tema molto caro a noi ragazzi. Purtroppo non riuscendo a limitare il contatto con gli apparecchi elettronici abbiamo abusato di questi ultimi in maniera eccessiva, cosa che in futuro potrebbe portare a conseguenze nocive. Per evitare rischi di sindrome da dipendenza o da assuefazione è necessario un intervento informativo: fare informazione anche in questo caso diventa fondamentale, per far conoscere i rischi reali.

In questo modo ognuno di noi, consapevole dei vantaggi e degli svantaggi della tecnologia, avrà piena libertà di scelta e di pensiero, libertà che si troverà a fare conti con la capacità di controllo degli impulsi.

Articolo di Mattia Di Stadio, Alessandro Chiappini, Emanuele Gentile, Giovanni Fantone e Igor Catalli.