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Confini Immaginari, Contaminazioni, Frontiere e confini, Tecnologia

Tra realtà aumentata e realtà virtuale: limiti e confini

AR (augmented reality) e VR (virtual reality) sono due tipologie di realtà parallele che, tramite tecnologia, sono in grado di alterare la nostra percezione del reale. Differiscono però nel senso di immersione che ci riescono a dare nella realtà parallela: nella AR è più superficiale, nella VR più profondo.

Approfondiamo un po’:
la realtà aumentata presenta delle variazioni realizzate al computer che immettono nel nostro mondo reale persone, animali o cose in grafica 3D. Un esempio vicino a noi è l’applicazione Pokemon Go: qui la realtà aumentata viene utilizzata per far apparire tramite telefono i pokemon nella vita reale. La realtà aumentata però non serve solo per giochi, ma viene usata anche in ambito lavorativo da molte industrie: ad esempio Lego utilizza questo tipo di realtà per evitare che i clienti più “curiosi” aprano le confezioni per scoprire cosa ci sia dentro, facendo comparire sullo schermo del telefono il suo contenuto. Un deterrente per i furti, dunque. Dunque, la realtà aumentata arricchisce la realtà con delle informazioni da sovrapporre a quelle reali. Le app di questo tipo utilizzano di solito la fotocamera del telefono per mostrare un’immagine di partenza di fronte all’utente, sulla quale vengono aggiunti dei livelli di informazioni, come testi e immagini. Oggi è usatissima nel settore ludico o militare, ma sono nell’aria anche novità nel settore medico e automobilistico.

Simile alla realtà aumentata è la realtà virtuale che però, attraverso l’uso di tecnologie informatiche, può creare un vero e proprio ambiente simulato. La realtà virtuale quindi pone l’utente all’interno di un’esperienza “totale” e “totalizzante”, nella quale invece di visualizzare uno schermo, il soggetto è completamente immerso in mondi virtuali in 3D ed è anche in grado di interagire con essi. Indossando degli appositi visori, potrete addirittura fare una passeggiata in montagna o esplorare grazie a dei tour virtuali aziende e hotel, case da comprare o città da visitare. Questa realtà solitamente viene accomunata ai videogiochi ma non è così, poiché viene usata anche in altri campi come ad esempio in campo medico per simulare degli interventi o anche in campo sportivo per allenare i riflessi.

Dunque la realtà aumentata arricchisce il nostro mondo reale con immagini 3D, mentre la realtà virtuale è un mondo completamente virtuale.

In alcuni utenti sono stati però riscontrati sintomi quali nausea e mal di testa, legati all’impiego -probabilmente eccessivo- di questo tipo di tecnologia. D’altra parte è stata anche evidenziata l’efficacia di queste tecnologie per la riabilitazione motoria, qualcuno dice anche per quella cognitiva. Purtroppo però, vista la novità di queste tecnologie, non esiste ancora uno studio scientifico approfondito che possa confermare o smentire. Noi siamo sicuramente attratti da tutto ciò, ma torniamo a parlare di limiti e confine, in quanto secondo noi un abuso di queste tecnologie ci potrebbe davvero far perdere il senso del reale, l’aderenza alla vita vera.

Articolo di Diego Antonelli, Andrea D’Achille, Igor Catalli, Giovanni Fantone e Gianluigi Liberatore

Confini Immaginari, Contaminazioni, Fantascienza, Frontiere e confini

Le nuove frontiere della scienza e della biotecnologia

La fantascienza, da “semplice” genere di evasione che era, si sta occupando negli ultimi anni di temi legati alla scienza, alla tecnologia, all’ecologia. Quindi la lettura in classe di alcuni racconti appartenenti a questa tipologia testuale e i dibattiti conseguenti, ci hanno offerto spunti di riflessione su problemi attuali, in particolare quelli relativi al grande sviluppo scientifico e tecnologico. La medicina, un tempo dominio quasi assoluto della chimica, è ora dominata dalla biologia, che ha saputo scavare nei segreti stessi della vita, arrivando a padroneggiare tecniche che ormai permettono di manipolare addirittura il corredo genetico di qualunque creatura vivente esista sulla Terra. L’anno 2000 , probabilmente, sarà ricordato come un anno importante che ha segnato la storia dell’umanità, infatti è stato proprio allora che si è riusciti a completare l’inventario completo del DNA della specie umana. Di che cosa si tratta? Perché questa scoperta ha così tanta importanza? Prima di tutto c’è in ballo la possibilità di curare malattie gravissime, fino ad allora invincibili, quali ad esempio il cancro, la degenerazione delle cellule cerebrali -che porta alla demenza negli anziani-, persino le malformazioni del feto e bambini con handicap.

Un’ altra conseguenza molto delicata riguarda la clonazione. Nel 1997, poi, un gruppo di scienziati scozzesi riuscì a far nascere una pecora perfettamente identica ad un’altra. Si era prodotta la prima clonazione di un mammifero. Una notizia pazzesca che, come si può immaginare, sollevò da una parte grandi entusiasmi, dall’altra accese forti polemiche. Le persone che la consideravano un avvenimento eccezionale sognavano di poter creare migliaia e migliaia di animali uguali tra loro, rendendo più facile usarne il latte, il pellame, ecc., o moltiplicare le specie in via di estinzione così da allontanare questo fenomeno; mentre gli oppositori erano abbastanza scettici e spaventati dalla possibilità che questa tecnica potesse essere utilizzata sugli esseri umani per ricrearne esatte copie. D’ altro canto è difficile arrestare la corsa verso la conoscenza e non a caso si parla sempre più spesso di bioetica, cioè della necessità di formulare una serie di regole che stabiliscano ciò che è moralmente giusto e ciò che non lo è nel campo della biologia e della medicina.

Ecco di nuovo il tema del confine: fin dove è lecito spingersi? E, soprattutto, chi decide cosa è lecito e cosa no?

Ma torniamo ancora per un attimo alla clonazione che non venne abbandonata e nel 2005 uscì la notizia che era stato clonato anche l’essere umano. L’intento era quello di ottenere cellule staminali. Gli embrioni ottenuti non superarono i cinque giorni di vita ma, nonostante questo, gli oppositori temettero e temono ancora che quell’esperimento fosse solamente una scusa per avanzare negli studi e arrivare un giorno a riprodurre un essere completo. Il tema è effettivamente molto delicato: quali effetti potrebbero derivare da tutto ciò? Si potrebbero creare individui uguali a un modello ritenuto fisicamente perfetto, rievocando follie naziste sulla razza superiore; oppure esseri senz’anima? O esseri perfetti? Chissà! Ma soprattutto ci chiediamo, è davvero lecito creare la vita al di là dei processi naturali? Queste, forse, sono domande senza risposta, o almeno noi non sappiamo entrare in quello che è il campo d’azione della bioetica. Però queste domande ce le siamo poste. Un’altra conseguenza derivante dalla possibilità dell’uomo di intervenire sul DNA sono gli organismi geneticamente modificati (OGM), caratterizzati da un patrimonio genetico in cui sono stati inseriti geni di un organismo del tutto diverso, ottenendo organismi con caratteristiche nuove, ad es. piante capaci di resistere maggiormente alla siccità o all’umidità o ai parassiti. Anche in questo ambito, come di fronte ad ogni novità rivoluzionaria, si sono formati subito due partiti opposti: coloro che ne saltano i vantaggi e coloro che mettono in guardia contro i pericoli. Gli uni vorrebbero diffonderli in tutto il mondo e anche per questo hanno creato un lungo elenco di benefici e il più vistoso è quello con più disponibilità di cibo, per una popolazione mondiale che è assolutamente in crescita; gli altri, invece, avanzano moltissime riserve e sostengono che gli ogm potrebbero far aumentare il rischio di tumori e favorire la diffusione di nuovi virus.

Chiaramente si tratta di problematiche molto complesse e noi non siamo in grado di esprimere delle opinioni; quello che abbiamo capito però è che le nuove frontiere aperte alla biologia devono essere esplorate con la dovuta cautela e con un sistema di regole, il più possibile condivise, non soltanto dagli scienziati, ma da tutti gli abitanti della terra. Per questo riflettere sui confini e sui limiti ci sembra già un buon inizio.

Articolo di Ludovica Bruno, Flavia Giancola, Ivana Gargano